venerdì 1 maggio 2009

Piazza Venezia, LA GAIA CITTA’

Da quando è girata la proposta di una serata in Piazza Venezia con titolo ‘la gaia città’, la cosa mi è sempre sembrata una boiata: ‘va bene liberare, sdoganare, riconoscere, ecc., ma cosa vuoi, che vengano a farci lo spettacolino mona?’ Nella band ci si fida dell’energia, se uno la sente gli altri lo aiutano a liberarla; io non la sento, mi metto a disposizione e mi faccio da parte, largo alla ‘gaia città’.
Marco ai primi di aprile la pensava così:
‘Ecco la mia proposta...
titolo: la gaia città
luogo: giardini di piazza Venezia
data: giovedì 30 aprile
tema centrale: il gioco
sottotitolo nascosto: "siamo così diversi da essere tutti uguali?"
in due parole: il parco come luogo di giochi, infantili e "sicuri" con il sole, adulti e "diversi" nel buio della notte, quando i giardini diventano una zona oscura e il confine vegetale diventa un muro immateriale.
più in dettaglio:
Uno degli obiettivi di tutto il progetto è scoprire l'anima dei luoghi e delle persone che li abitano o li utilizzano.
Piazza Venezia, nata come piazza d'armi e luogo idealmente deputato agli esercizi ginnici secondo la logica fascista, ha ereditato idealmente due caratteri opposti: la paura e, nello stesso tempo, la possibilità del gioco.
Nella versione "diurna" del parco potete trovare giochi per bambini, un campo da beach volley, panchine e tavoli, un centro per giocare a tennis, un recinto per i cani.
Nella versione "notturna" invece si svolgono giochi amorosi (pare prevalentemente omosessuali), che generano timore e disapprovazione nella gente. Come conseguenza si circumnaviga il parco piuttosto che attraversarlo (in alcuni casi anche di giorno). La paura viene probabilmente da un lontano mix di oscurità e droga, ma rende il parco uno spazio inutilizzato nel tessuto urbano a ridosso del centro.
La mia idea è quella di proporre un incedere giocoso che, a partire dai giochi dei bambini nel primo pomeriggio, arrivi liberamente ai giochi più adulti della sera (valutando quali possano essere i confini della metafora per non essere denunciati...), passando senza soluzione di continuità attraverso giochi di gruppo in cui l'attività fisica possa riscaldare gli animi per il passaggio successivo.
In tutto questo vorrei coinvolgere la comunità gay trentina, che sembra assolutamente assente dalla sfera pubblica (a parte qualche appariscente eccezione): non all'insegna della diversità, ma piuttosto di quelle passioni che sono comuni con i "normali" (il divertimento, l'amore e il sesso in primis).
Necessario sarà avere il supporto di gruppi che si occupino di sport, fitness, giochi, affinché attraverso il loro esempio si possa creare un'atmosfera aperta alla partecipazione di chi arriva per caso. Il motto potrebbe essere "portatevi il pallone" (o quello che vi piace) e cercate di coinvolgere gli altri a giocare insieme a voi.
E' essenziale non forzare l'organizzazione. Si potrebbe iniziare con qualcosa di rilassante: yoga nel parco con i passanti (chiedendo magari ad una delle palestre della zona) e scacchi sui tavoli nella zona in alto.
Una musica continua ma non invasiva potrebbe scandire la lenta evoluzione della serata. L'ideale colonna sonora sarebbe il Bolero di Ravel: partendo da un incipit innocuo l'intensità aumenta progressivamente fino a raggiungere l'apice in cui tutti gli strumenti convergono verso un'impossibile unisono, interrompendosi un istante prima del limite.
Nella pratica occorrerà una modulazione di generi sonori e di proposte ludiche che non mi è ancora chiara.
Mi piacerebbe però che qualcuno usasse i suoni del parco per comporre dal vivo una musica del luogo in sintonia con ciò che sta accadendo.
Come avrete intuito questa è una chiamata alle armi (per rimanere nel gergo militaresco): chi ci sta? Chi ci mette qualche altra idea?
Fatemi sapere cosa ne pensate e se conoscete qualcuno che potrebbe partecipare all'organizzazione, ma soprattutto: venite!
Marco.’
A fine mese la chiamata alle armi ha sortito i suoi effetti sulla band, c’è entusiasmo oltre a: generatore, palco, bar sui tronchi, giocatori-trici di pallavolo, pittori di visi, essenze, pietre, cristalli e il percorso dell’anima curato da Mara; Mara di Universinversi aveva dato la disponibilità per delle letture ma causa persistente maltempo si è ammalata. Suoneranno quattro gruppi: Milo Brugnara, The Great Shaker dal Garda, i Freewheelings tributo a Bob Dylan e i Fair Play a chiudere la serata, che sono in otto e fanno funk.
C’è anche il sole, sono le cinque e manca solo il salotto che è in piazza Garzetti: ‘va bene, ho capito, vado io, ma tu vieni con me e Daniele e parli al microfono’.
Partiamo con un timido e poco convincente ‘Venite’, poi, stimolato, un po’ alla volta, giusto sotto casa della mamma dove passiamo a prendere il narghilè:’Venite tutti in piazza Venezia questa sera a farvi massaggiare…il pisello…da Enrico. LA GAIA CITTA’.’
Torniamo con divano, tavolino, due poltrone e narghilè. Canta Milo, ci sono facce dipinte e ragazzi che giocano a pallavolo. Ricevo la telefonata del responsabile parchi del comune di Trento, molto cortesemente mi chiede cosa stiamo facendo, che l’autorizzazione è di nove metri quadri e sono arrivate telefonate che parlano di rami rotti, furgoni nel parco e manto erboso rovinato. Spiego che nei nove metri quadri è difficile far stare tutto ciò per cui abbiamo i permessi, che il palco è in un punto in cui non c’è prato, che il furgone del service è passato sopra l’erba ma non sembra che la cosa abbia danneggiato il manto erboso, che in caso ci assumiamo la responsabilità dei danni e che in comune più che di metri quadri ci hanno parlato di ‘buon senso’.
Fare una festa in un parco è un’impresa, la burocrazia e tutto il resto rischiano, qualora superate, di distogliere l’attenzione dallo scopo. A Gocciadoro chiedemmo l’autorizzazione per lettura di poesie, venti metri quadri, poi passammo nell’illegalità, poi tutti dissero bravi, bravissimi.
Si è parlato tanto di Mesiano dello scorso anno ma ciò che non si dice è che la festa più pazza del mondo l’ha organizzata il comune al parco delle Albere, riuscendo a trasformare il concerto di Bob Dylan in una battaglia metropolitana: padri di famiglia che si spintonano, bimbi che dicono ‘dagliele papà’, con la morosa a cercare un riparo dalle bottiglie che arrivavano dappertutto, Dylan che preferisce non guardare e continua a cantare Blowin in the wind, gente che piangeva per la fine di un’era, il sindaco che diceva stupendo.
Che tu sia un gruppo di ragazzi, il comune, la Provincia o chi, con Dioniso non si scherza, non si specula, te la fa pagare, e una volta che hai pagato il problema rimane e il problema non è l’alcol o il manto erboso, ma l’energia, riuscire a darle un volto, un’anima.
Se in questa città ci fosse più buon senso si farebbero più feste nei parchi, si parlerebbe di più, ci sarebbe meno rumore e si farebbe di più all’amore e invece su il telefono e via chiamare, oggi l’erotismo si sublima così. Ho finito grazie.
Tutto gira al meglio, si passa dal giorno alla notte senza soluzione di continuità, i bambini lentamente diventano adulti e hanno ancora il viso truccato, semplicemente diventano sempre di più, tanti, tantissimi e da Bob Dylan, per chiudere la ferita dello scorso anno, si arriva al funk.
Vorrei farmi massaggiare l’anima da Mara ma non riesco neanche ad avvicinarmi, allora fumo fragola e menta in salotto. Qualcuno chiede a una pattuglia che si ferma se vogliono fare un tiro, ‘No grazie siamo in divisa’, ‘Toglietevela’: LA GAIA CITTA’.
La serata è splendida, lo è per tutti, sul palco e sotto chi c’è si diverte, siamo a Trento, ci si diverte e si ride: LA GAIA CITTA’.
Alle dodici e quaranta torna la polizia: ‘Possiamo fare un altro pezzo?’ ‘Va ben dai però breve’.
Ormai è il primo di maggio, ultima data del tour, nessuno sa cosa faremo in piazza d’Arogno, ma siamo tutti carichi e tranquilli.

giovedì 30 aprile 2009

Piazza Cesare Battisti

In Piazza Cesare Battisti a disposizione ci sono 50 metri quadri, vuol dire che sotto elezioni o referendum puoi organizzare dei festoni in centro da paura. Noi ce la possiamo fare: Hip Hop Battle e Break Dance con la Tn Massive, a seguire Felix Lalù e i Nurse. Quattro del pomeriggio, palco e bancone allestiti in un blitz, generatore di Sneepy, panini per un esercito. Mi mandano con Cocca a lavare il tappeto di linoleum per le danze e inizia la mia giornata. Mentre sono in ginocchio in piazza Garzetti vicino alla fontana e pulisco il tappeto sento delle gocce, non ci faccio caso e continuo a pulire, ma quando le sento colpirmi la schiena fitte e pungenti come proiettili di mitraglia guardo il cielo che neanche in Platoon e smadonno, smadonno di brutto.
Il lavoro non c’è più, la vita privata è andata a puttane il tour è dannato e sono ferito a morte, è iniziato il conto alla rovescia.
Torniamo in piazza Battisti e ovviamente è a rischio la danza. A dire il vero questa è la piazza dell’hip hop, da sempre i ragazzi si ritrovano sotto i portici a fare break dance, oggi c’era la possibilità di farlo in mezzo alla piazza a tutto volume e guardando dall’alto. I ragazzi dell’hip hop, Mara e la Tn Massive sono tra i pochi ad avere capito e aderito da subito al progetto, a loro tutto il rispetto.
Sul palco è già stato tirato il telo, si fa comunque, e allora via col furgone, le ultime cartucce le sparo seduto davanti, la fine la voglio guardare in faccia. ‘Progetto Trento Soul Moderno. Il più odiato dagli Dei! Viva il Demonio! Viva il Demonio! Vieni anche tu questa sera a liberare il demonio che è dentro di te, piazza Battisti dalle 18,00….. Hip Hop, Break Dance, si balla sul tappeto volante, senza ombrello, senza vestiti, tutti nudi la danza del Soul…. Suonano Trento Massive, Felix Lalù, i Nurse, spacchiamo le nuvole, spacchiamo il culo…’ Tra una monata e l’altra in sottofondo immancabili compagni di tutto il tour gli Ska J, che se ci fosse andata meglio, avendo per contatto Sandro che è di Trento e suona nella band veneziana, li facevamo venire il primo maggio.
Facciamo il giro largo, arriviamo a Villazzano, poi Cognola e torniamo passando dietro al Castello, da lì San Severino a recuperare Felix e poi via in centro. Noi andiamo dritti per la nostra strada, ma qualcuno ci viene incontro facendo i fari e alle fermate degli autobus o davanti ai bar ci sono tipi che si affacciano fanno le corna o alzano i pugni, anche a Villazzano, noi rispondiamo da devoti alla musica del diavolo. Arriviamo in piazza sotto l’acqua, parcheggiamo di fianco al palco, saremo venti scarsi, saluto tutti, per me è finita e mi trascino nel camper. Mentre muoio sento una voce improvvisare sulle torri di Man, l’inferno di Madonna Bianca e poi sento Rudi ‘Bravo, ogni tanto ci vuole anche svaccarsi.’. Mi svegliano, è buio, voci, casino, seduto davanti c’è Tom: ‘tirati su, vieni a vedere che storia’ e mi mostra l’inferno. Dal cruscotto della Soul Mobile si vede che è parecchio popolato e capisco perché all’inferno fa caldo anche se piove: c’è Felix coi Nurse, strigliano e arringano i dannati che urlano, non possono star fermi, bevono e sudano. I demoni tentano di farci scendere con le loro sostanze, ma resistiamo, le abbiamo anche a bordo, altri cercano di assalirci, Mirko ci riesce, sale e ci racconta il suo viaggio nel girone Scaletta: ‘là ti prendono per il culo, ti dicono politico, che adesso fai politica’, e ha l’aspetto di una bestia infernale, il vero volto di un politico. Erano in sei che gli davano addosso, lui voleva spiegare ma quelli frustate e allora tira pugni al camper e rompe il finestrino. Dal girone Scaletta è riuscito a scappare dicendo: ‘voialtri a mi no me tolè per i coioni perché a la vostra donna no se boni de meterghe na man ne la figa quand che la ga le mestruazioni, pasarghela sulla faccia, basarla e dirghe te sei splendida.’
Felix continua ad arringare, all’inferno il mare è in val di Non.
Dalla Soul Mobile salutiamo le anime dannate che continuano a urlare ‘Ora pro Felix’.
Viva il Demonio!
Viva Trento Soul Moderno!

mercoledì 29 aprile 2009

Piazza Garzetti

Per il Laboratorio sul Moderno piazza Garzetti non è una piazza come le altre, piazza Garzetti ha il sapore di casa. Grazie all’Associazione Arteria e al Mercatino dei Gaudenti da qualche anno, sotto le scuole medie, abbiamo uno spazio adibito a magazzino, i fusti di birra avanzati ieri notte (15) li abbiamo scaricati qui sotto tutti belli pieni, e anche i pelez belli bagnati e tutto il resto. E poi in piazza c’è il Dino, gli amici nelle case Itea, i genitori di Stefania, Nettare, ecc. Sappiamo come fare: bar, cucina, Lsd, concerti e mostra quadri. Il volantino è pronto da un pezzo, addirittura abbiamo avuto il problema delle troppe richieste. Tra l’altro e sempre casualmente oggi è martedì, giorno di Happy Hour al Fiorentina e come dice il Bolner questa è la settimana dei 1000 euro al colpo; ieri dovevamo farne 6000 mila ed è andata malissimo, vedremo. Alle due del pomeriggio fuori dalla sede Mirko e Andrea mi aspettano con un regalo: è pronto il secondo impianto, possiamo andare in giro con due furgoni e farli parlare tra loro. Fantastico. Tale è la gioia che in mezzora cambia il tempo e viene il brutto. Giro di telefonate, aspettiamo, peggiora. Ale chiama i gruppi, a quelli con la batteria dice meglio evitare. Decidiamo di non stare in piazza ma nel parcheggio interno della scuola media, vicino all’accesso alla sede che in caso di pioggia è un attimo portare tutto dentro. Ripensiamo gli spazi, forse nello scantinato? Alessia dice che ricontattare gli artisti e allestire la mostra ormai è improponibile. Ale riceve disdette anche dai gruppi in acustico. Sono le sette, abbiamo allestito il bar, il telo sotto cui riparare l’impianto che è appena stato montato ma non ci sono quadri e nemmeno musicisti. I nuvoloni abbaiano ma non mordono.
Che debba saltare proprio la serata a casa nostra?
Si chiama trance, è uno stato di oltrepassamento del confine percettivo e cognitivo, il corpo e la mente vengono iperstimolati. Un esempio tipico di trance è la taranta, il tarantolato è in preda a un’energia convulsa che gli impedisce di fermarsi e smettere di ballare. Non è detto che la trance debba sortire effetti su chi la osserva, ma per chi la vive ed è stato tarantolato o pizzicato è il prezzo da pagare per liberare l’anima. La trance, come stato di oltrepassamento si contrappone all’estasi, qui corpo e mente vengono ipostimolati: lentezza, freddo, spiritualità. Noi riconosciamo la tensione tra le due energie, si tratta di capire a seconda di luogo e momento quale energia verrà liberata.
Trento Soul Moderno è una trance collettiva.
Arriva il Bolner e mi dice: ‘questa sera facciamo il botto’ ‘???’ ‘viene Carletto’ ‘???’ ‘iniziamo all’aperto e dalla mezzanotte techno party nello scantinato’ ‘Dioniso esiste!’
Sono arrivati anche Rizzo, Fausto, il resto della band e la mostra: ‘esponiamo nello scantinato i pannelli fotografici della Sloi e quelli su Trento che abbiamo usato a Goccedoro e non abbiamo più tirato fuori.’ ‘chi mi dà una mano in magazzino.’ ‘avrete qualcosa per coprire i neon? qualcosa di colorato Madonna Santa?’ ‘il bar lo facciamo io e la Barbara, qua così nessuno va in giro per le scale’ ‘se ripuliamo questo incavo nel muro ci sta perfetto il divano dei Gaudenti, è uguale anche il colore’, ‘il mio quadro lo metto dietro al dj che di notte si illumina, se lo vendete mi raccomando a caro prezzo’ ‘la poltrona sopra a quattro fusti che risalta di più e così la porta rimane aperta e prendiamo la corrente’ ‘alla strobo ci pensiamo noi, oh, siam stufi di venire dalla Val di Non a organizzarvi le feste’.
Mai fatta una festa negli scantinati di Piazza Garzetti e mai avremo pensato di riuscire a tirare su in due ore qualcosa di difficilmente ripetibile.
Alle nove Carletto inizia a suonare industriale, Elena, Marco e Giovanna vanno a chiamare gente, la mamma di Dino dall’osteria ci dice di alzare che ‘no se sent nient’.
Parlo con dei dottorandi di fuori città, quando finalmente capiscono apprezzano l’iniziativa e se la ridono. Poi mi unisco a un gruppo di giovani punk abbestia che scendono con cani e bottiglie negli scantinati. Guardano la mostra. ‘Da mezzanotte trasferiamo la musica qui sotto.’ ‘Noi chi?’ ‘Noi, quelli che hanno capito il trucchetto, che se fai una lista e vai alle elezioni per trenta giorni puoi fare festa in città…..’ ‘Dai... allora la prossima volta facciamo una lista e la chiamiamo Alex.’
Non si fermeranno a lungo, forse perché domani c’è scuola, ma il volantino Alex lo prende e lo legge.
Una lista Alex e la sua band, finito il tour ci mettiamo a disposizione di chiunque voglia farlo.
Bazza mi parla di un’immagine in un cd dei Prodigy che raffigura un ponte di corde sopra un dirupo. Da un lato del ponte forze dell’ordine pronte alla carica con in lontananza una grande città. Dall’altro lato gente che fa festa, un rave, e un tipo che mentre con una mano alza il dito medio a dire bye bye, con il macete nell’altra taglia il ponte.
Questi trenta giorni per noi sono il ponte, lo abbiamo tirato su perché dall’altra parte non c’è la polizia a caricarci e possiamo vivere la città senza troppi compromessi e leccate di culo. Speriamo lo possano tirare su anche altri, poi passati i trenta giorni si riproporrà l’amletica questione: essere o non essere, starci dentro o stare fuori, tagliare o non tagliare la corda?
In Inghilterra esiste una legge che vieta a più di otto persone di radunarsi e ascoltare techno music.
Dopo la mezzanotte in giro rimane solo la Band più Dj Mud e Dj Dominator, arrivati dalla Val di Non con impianti e strobo. Sopra si parla di techno party e soul partiti, sotto Ale libera l’anima.

martedì 28 aprile 2009

Piazza delle Erbe

Ieri ha piovuto e questa mattina piove ma sta smettendo. Per oggi è previsto l’arrivo di ventimila persone in città. Due eventi musicali, uno in piazza Erbe e uno in piazza Duomo. Birra e alcolici solo in piazza Erbe. In piazza Erbe ci siamo noi. Ci ricorderemo di questa giornata.
Alle dieci, con Rudi, Andrea e Ale siamo al Soultrain e da lì partiamo verso Piazza Erbe. La città al momento non si direbbe debba essere presa d’assalto. In piazza Erbe ci aspettano 20 pelez, li avevamo scaricati lì da Gardolo, servono per allestire il bar, lo abbiamo visto fare lo scorso anno dai punk a Santa Giustina, metodo rapido, efficace e adatto ai grandi numeri.
In piazza c’è un banco di verdura gestito da tre ragazze, alle 12 e mezza andranno via, Andrea gliela racconta e ci lasciano il loro mega ombrellone per tutto il giorno basta che domani per le sette e mezza sia di nuovo lì. Il tabaccaio, vedendoci in difficoltà, ci presta la scala per tirare le funi per i teli, Giuliano dell’Old ci presta due sgabelli per i musicisti e Mirko blitz recupera l’energia elettrica. Pioviggina ma l’atmosfera è molto operativa. Mentre tiriamo le corde per tendere il telo ci viene incontro sorridendo un tipetto che dice ‘uè ma quanti zingari ci volete impiccare con quelle corde?’ poi chiama la guardia della banca d’Italia e ribadisce: ‘uè ma quanti zingari ci impiccano con queste corde?’ e se ne va ridendo; Andrea perde l’attimo per dirgli che ‘con le corde ci impicchiamo i meridionali’ e me lo ripete per tutta la mattina.
Allestiamo cucina, bancone e palco. Tutto scorre, inizieremo a suonare alle cinque. Scorrono anche le nuvole, veloci, e piove, piove sempre di più e inizia a fare freddo. Intanto arrivano 15 fusti di birra e ci rendiamo conto che come sono venuti torneranno. La nostra autorizzazione a vendere alcolici non servirà a nulla, addio businnes. Trento Soul Moderno nasce per farsi beffe del danno subito e così alle quattro del pomeriggio sono già pronti 40 litri di vin brulè, prima qualità.
C’è Dioniso tra le Alpi e nel cuore degli alpini.
Prima che Elisa inizi a cantare parto con il furgone: ‘questa sera la festa inizia in Piazza delle Erbe, dietro il Duomo. C’è anche il primo bar della città. Birra, vin brulè,’ eccetera.
Dopo un’ora di diluvio è evidente che di questa giornata rimarrà nella memoria esclusivamente l’editto proibizionista, che ha vietato per due giorni la somministrazione di alcol nei bar delle zone adiacenti alla stazione dei treni e a piazza Duomo, editto che spiega a tutta Italia, Rai compresa, la vera anima della nostra città: che siano italiani, albanesi o marocchini Trento ha paura dei bambini. Paura degli adolescenti e di quello che possono fare. Sotto sotto fanno paura già dai quattro anni, non si sa come crescerli, a chi affidarli, a chi affidarsi. Le norme che vietano di somministrare alcol ai minori di 16 anni ci sono già, ma non ci si fida, la sfiducia è generalizzata e dalla guerra in atto, fredda e silenziosa, arrivano i divieti. La cosa veramente incomprensibile è che anche in questa città quarant’anni fa la gente lottava per la chiusura dei manicomi. Trento è passata dal coraggio di affrontare la follia alla paura dei bambini.
E invece la giornata si appresta ad essere ricordata anche per un altro motivo: in una piazza Erbe pressoché deserta arriva un vigile e ci dice ‘ciao ragazzi, tutto a posto, nessun problema, basta fare sparire le spine e gli alcolici. Subito! Ordine del questore!’ Noi mostriamo le carte. Lui legge e nonostante la legge ribadisce, addirittura ci mette il questore in viva voce: ‘digli che devono fare sparire tutto immediatamente.’ Lo vogliamo per iscritto e dove siamo in Cile? Daniele continua a spinare. Lui ci invita a seguirlo in piazza Duomo dove c’è il comando, noi diciamo arriviamo tempo di una telefonata. Ci guardiamo negli occhi: ‘l’avevamo detto e adesso lo facciamo cazzo’. Uno chiama l’avvocato, io chiamo la Mile: ‘comunica a tutti i giornali che dato il probabile successo elettorale della nostra iniziativa, forze dell’ordine colluse con gli attuali governanti, vorrebbero impedire la libera espressione e manifestazione del pensiero del Soul Moderno. E nonostante noi si sia legittimamente autorizzati vorrebbero proibirci di somministrare fiumi di alcol. Siamo pronti a fare ricorso al Tar, alla Corte Costituzionale, al trattato di Shengen e a rinviare le elezioni mona!’ Tempo tre minuti e abbiamo già rilasciato quattro interviste, tutti ci chiedono di essere tempestivamente avvertiti degli sviluppi. Da quel momento nel raggio di un chilometro attorno a Piazza Erbe nessuno di noi vedrà più un vigile, salvo quelli in moto di scorta alle BMW degli X Factor.
Ricorderò questa giornata anche per il duetto con Andrea Bolner, uno dei miei sogni nel cassetto, che per di più era quattro anni che non suonava dal vivo. Soul.
E’ ormai buio e continua ostinatamente a piovere. Piazza Erbe è una zona franca, nascosta, ricca di musica e tesori. Cantano Sara e Ulli, la nave dei pirati riparte, a bordo Tommaso, Rudi e Franco, i corsari della Val di Non. ‘Sicuri che volete andare a saccheggiare il castello di Rudi?’ ‘Sì’ ‘Vengo anch’io, sto nella stiva, col microfono.’ Rudi abita in via Cavour, a 50 metri da Piazza Duomo, oggi la strada più frequentata della città, la più proibita. Partiamo con a bordo ciò che in una giornata normale sarebbe improponibile e che oggi diventa inconcepibile, tra cui dieci fusti di birra; mancano solo il libretto e la revisione.
‘E se Trento è come Chicago, Ale Cocca come Al Capone! L’alcol è in Piazza Erbe, vieni anche tu!’
Arriviamo sotto casa di Rudi, zona Off Limits, lui sparisce per 30 minuti, noi quattro frecce e motore acceso. Resto seduto dietro, non vedo fuori, nessuno mi vede, prendo il microfono e comincio a sussurrare lentamente in free style senza mai smettere: ‘Vieni! Vieni! Vieni! Progetto Trento Soul Moderno, la band! In Piazza Erbe: Birra, Vin Brulè, LSD, Soul e tante, tantissime Erbe, profumate, stagionate, fumanti… Segui la Soul Mobile, vienimi dietro. Vienimi da dietro…. Trento Chicago, Ale Cocca come Al Capone... Abbiamo il bancone, segui il furgone….. Siamo pieni, siamo pieni, pieni di alcol. Non ci sta più dentro... Dioniso, Piazza Erbe…’
Mentre guardano le reazioni dei passanti e dei due vigili lì a dieci metri Franco è fermo al volante, Tommaso al suo fianco è piegato in due, un po’ si nasconde un po’ non riesce a smettere di ridere. Franco, detto Ranco, barba e capelli lunghi, rossi, occhiali spessi, giaccone a vento, vita nei campi di mele e malavita nei camper, spirito libero e di poche parole, meglio lasciarlo stare, cosa che fanno anche i vigili che continuano a gettare occhiate senza avanzare; lui li guarda gnorri come a dire: ‘Mi no sai chel che l’ghià l’furgon, l’seita a parlar…’
Recuperiamo Rudi e la refurtiva, torniamo in Piazza Erbe.
Freddo micidiale, il brulè e la grappa stanno per finire, guai arrendersi adesso, hanno segnato anche i Dingo, ce la possiamo ancora fare. Saremo in trenta ma il tifo è da stadio, Bernabeu, 1982, Italia Germania; Stefano quella sera a Madrid c’era per davvero, può confermarlo.
Ultimi minuti, tocca a Corrado Nascimbeni, gli siamo tutti attorno, fraseggia coi compagni della scuola, improvvisa, inventa, dribbla e poi:
‘Vedo la natura ribellarsi arrabbiata e stanca
non si riesce più nemmeno a passeggiare tocca navigare,
e questa estate sembra inverno tira un freddo micidiale,
sono senza ombrello amore aspettami al cancello,
vedo la natura lamentarsi delle manie dell’uomo altro che sopportare
il caldo con le bibite e i gelati qui mi viene un accidente c’ho già i piedi congelati
e ho paura del rumore vieni a trovarmi amore,
sono già fradice le mie scarpe nuove, oh…’
Passa la palla e bordata della big band: ‘Ma quanto cazzo piove!!!’
Vien giù lo stadio.
‘E’ finita! E’ finita! Campioni del mondo! Campioni del mondo!’
Indimenticabile. Indimenticabile. Indimenticabile.

sabato 25 aprile 2009

Clarina al chiar di luna

In Clarina arriviamo tardi, saranno le sei, ce lo fanno notare subito: ‘Che peccato, averlo saputo prima potevano venire anche le altre mamme con i bambini. Qui non ci fanno mai niente e i bambini vanno matti per i giocolieri. Ma adesso molte mamme sono già andate.’ In compenso c’è Marco, un bimbetto biondo di dieci anni che ci rassicura ‘vado io a spargere la voce in giro. Davvero fate anche i graffiti?’ ‘Sì, Matteo verrà a finire la Soul Mobile. Vi piace la musica? Che musica ascoltate? I Bastard?’, un amico di Marco: ‘No, io ascolto l’Hard Core.’ ‘E che cartoni animate guardate? Goku?’, un altro della Gang ‘No, i Simpson, o South Park’ ma il top del tempo mi sembra di capire è per la play station e derivati.
I Mercanti di Luce scherzano con il fuoco questa sera al parco della Clarina. A seguire proiezioni Industriali di Alvise e selezioni musicali di Lilian.
Allestiamo palco, bar e proiettore, per l’elettricità ricorriamo al generatore. Alle otto siamo pronti, si tratta solo di aspettare il buio.
Con il buio arrivano anche mamme, papà, bambini. Una ventina di bimbi seduti, tutti gli altri dietro. L’Appendino, questo il nome dello spettacolo, è magico, i giochi con il fuoco creano un’energia silenziosa, immobile, forte. A fine spettacolo qualche bimbo va a casa altri si fermano a giocare a frisbee. Alle dieci e mezza sono ancora lì, aspettano Matteo per il graffito, li avvertiamo che questa sera non può venere. Marco mi dice che a lui il buio non fa paura, ‘come si chiama quando il la luna si mette davanti al sole e di giorno viene buio?’ ‘Eclisse.’ ‘Quella sì che mi fa paura.’
Rimaniamo in pochi per le selezioni musicali e le proiezioni industriali ma l’ambiente è quello giusto per la musica di ricerca. L’ultima volta che avevo sentito Ciccio Marchi in arte Liliam selezionare musica era stato quattro anni fa a Malga Spora, festa della Modernità sulla Neve. Non eravamo in città ma a duemila metri, sopra due metri di neve.
Anche quello fu un viaggio tra i pregiudizi, anche allora eravamo in pochi a fare musica e festa. Anche allora il freddo, il fuoco, la luna.
Torniamo a casa, domani promette bene: Melta di Gardolo.

venerdì 24 aprile 2009

Summertime Night in San Martino

Per la serata in San Martino, Parco della Predara, la Band è attiva da un pezzo. Daniele, Giovanna e Monica si sono sbattuti parecchio, tutto è pronto, gira anche il volantino.
Appuntamento alle due al parco. Arrivo alle quattro, il parco è incantevole e non lo avevo mai visto o almeno non mi era mai capitato di perlustrarlo. Raccogliamo siringhe, tante, perlopiù concentrate ma è bene prestare la massima attenzione. Finito il controllo è tutto praticamente pronto, non servono effetti speciali, per fare un grande evento alle volte basta restituire alla socialità un luogo ad essa dedicato.
Questa sera performance live: abbiamo le mani in pasta, Daniele sa come si fa, ha la ricetta, ti insegna a fare il pane. Monica ha preparato la Cioccosoul Moderno da spalmare e le spillette, Mara le Soul Essences; siamo in delirio di onnipotenza.
Partiamo con il furgone, la prima missione è recuperare due altoparlanti: la campagna la finiamo con due furgoni che parlano tra di loro.
Troppo bello per essere vero. Al buon Dio evidentemente non facciamo simpatia e anche questa volta si mette male, corriamo alla base. Pioverà al 90% bisogna spostarsi. Ci soccorre Antonio che conosce Laura che ha un posto in San Martino che viene prestato alle associazioni per fare feste. E’ già stato utilizzato in occasioni fortunate, usiamolo anche noi.
Ancora una volta quando la paura ci prende e sembra scontato il fallimento diamo il meglio di noi stessi. Parto in furgone con Alessia, improvviso di brutto con voce soul e me la godo da matti, c’è anche il cameraman: ‘Progetto Trento Soul Moderno, il tour è in San Martino, sotto al parco della Predara. Piove, ma si è aperta una porta, la porta del Soul, vinci la paura ed entra nella nostra anima, ti scalderemo. Summertime in San Martino. Questa sera abbiamo le mani in pasta. Assaggia il nostro pane con la Cioccosoul e la marmellata all’albi-Cocca. E il Cous Cous di Pasquale per tutti.’
Arriviamo e la festa è già iniziata, tante persone, bella vibrazione. La musica è un concetto molto ampio, viene fatta sul palco ma anche al banco del pane, delle essenze, passa per i bambini che corrono in giro e per quelli che mangiano il cous cous. Suonano i Lolobà, percussioni, e gli Amaranta, tributo a Paolo Conte; la serata è multietnica, mi arriva il santino di Mamadou Seck del Pd. Il messaggio di Daniele è questo: se la prima volta non ti viene bene, riprova. All’uscita distribuiamo la ricetta.
A fine serata siamo tutti contenti e ringraziamo tutti. Poi ci trasferiamo al Wallenda, la notte è ancora giovane, parliamo di politica e capisco perché facciamo le feste.
Se fossimo stati al parco sarebbe stata un’altra cosa ma in fondo è giusto così. Lo scorso anno in San Martino è nato un comitato, su invito di alcuni residenti la gente si è ritrovata in una sala a parlare dei propri problemi. Cosa abbiano fatto o si siano detti sinceramente non lo so, credo che il principale problema fosse legato alla sicurezza. So però cosa hanno intenzione di fare: una festa al parco della Predara, questa è politica. E’ da un po’ che la organizzano, la burocrazia non aiuta e i tempi si allungano; noi abbiamo chiesto il permesso e i pareri sono stati favorevoli, ma effettivamente non era bello arrivare e soffiargli l’anteprima.
Difficile fare cultura con sta storia delle elezioni.
Domani Clarina.

giovedì 23 aprile 2009

La piazza di Roncafort

Roncafort è il quartiere di Luisa. Luisa ama Roncafort, spiritualmente e politicamente. A Roncafort per Luisa manca la piazza: ‘dove c’era la piazza adesso c’è una rotonda bisogna ridare una piazza a Roncafort, bisogna fare una festa nella rotonda’; per mesi questo è stato il mantra di Luisa alla Band.
E’ arrivato il giorno di Roncafort e quando arriviamo capiamo. Il punto centrale di Roncafort è un incrocio. Il primo problema è parcheggiare, per un pezzo giriamo attorno alla rotonda, è anche molto coreografico. Lo spazio adibito a propaganda elettorale dice molto del quartiere: dimenticato. E’ evidente che dal comune qui non ci sono venuti, il posto dove dovremmo metterci è recintato da un pezzo. Ci arrangiamo, e a fianco al bar Lupo troviamo un accesso a delle abitazioni in cui riusciamo a stare, prima della stanga c’è uno spiazzo abbastanza grande. Quello sarà la nostra piazza: piazza Luisa. Per l’occasione Luisa ha anche realizzato dei cartoni a mo di edificio per indicare: farmacia, centro di aggregazione, dopolavoro, campo da calcio, alimentari; noi ci mettiamo l’impianto audio, il bar, il furgone che questa sera verrà graffittato da Yudo e la piazza è pronta.
Dal bar ci guardano curiosi, non c’è ostilità. La luce ce la dà una ragazza che conosce Luisa, abita oltre la stanga, suona in un gruppo punk, tutte ragazze, prendiamo contatti per le prossime tappe.
Il furgone è da sistemare per questa sera, è da tirare a lucido, non andrà in giro, peccato.
Mentre prepariamo passano diverse persone: Guido che sul quartiere ne ha da vendere e anche da regalare, dice che è qui da poco e che se ne andrà presto, un ragazzino con la chitarra a cui chiediamo di tornare più tardi con la chitarra per unirsi alla Band, e un fan dei Bastard che avrà quarant’anni e prima era al bar. ‘Lunedì arrivano i Bastard. Ci vai te?’ ‘Di più, siamo in piazza Erbe con la Band.’ ‘I Bastard sono i migliori. Guarda che gli arrangiamenti ai pezzi li fanno loro, l’ha detto anche Gaudi.’ ‘Sono forti.’ ‘Prevedono trentamila persone. Non sanno come fare.’ ‘Bella storia.’ ‘Cambieranno le cose sai?’ ‘In che senso?’ ‘I Bastard stanno muovendo. Vendono 25 magliette al giorno, sono i più scaricati su Itune.’ ‘Noi abbiamo una maglietta che mette anche Jacopo, 10 euro, sono le ultime.’ ‘Lo dice anche Simona che sono i migliori.’ ‘Simona non capisce niente.’ ‘Però Mara sì, lo dice anche lei, e anche Morgan. Morgan è forte.’ ‘Il problema è che dopo lunedì in piazza a fare festa non ci vai più.’ ‘Sai qual è il segreto dei Bastard? E’ che sono veri, non sono costruiti.’ ‘Sanno anche suonare per quello.’ ‘Ma te sei della Lega?’ ‘No, io sono del Soul, ci vediamo dopo.’
La serata inizia, per l’occasione al bar ci sono omelette alla banana, specialità di Luisa, ha cucinato e volantinato tutto il giorno. A grande richiesta tornano Milo Brugnara e la sua Band.
Arriva un gruppo di sei persone, parto all’attacco. Spiego, mi guardano e sorridono. Poi il più anziano, cinquant’anni, mi dice: ‘noi sappiamo chi siete voi, voi non sapete chi siamo noi.’ ‘Chi siete voi?’ ‘Noi siamo un gruppo che candida in circoscrizione per l’Upt.’ ‘Ah.’ Poi mi dice: ‘ti rendi conto, non è bellissimo, due liste che casualmente si ritrovano qui e parlano assieme della loro città.’ Chiede ai suoi se non sia possibile anche per loro, magari al parco e non sulla strada, organizzare una cosa simile. Sono in imbarazzo, non capisco se il tipo c’è o ci fa e mentre ci penso su Paolo, così si chiama, prende il microfono: ‘Gente di Roncafort scendete! Svegliatevi! Dove siete! Venite giù! Qui sta succedendo una cosa fantastica due liste si stanno incontrando! Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Venite.’ Non so se ciò che sento è utopia o trash. Mi avvicino a un signore che mi rassicura. ‘Scusi, lei è di qui?’ ‘Abito qui dietro.’ ‘E come si sta qui?’ ‘Fin che ghè l’Paolo…. Di giorno ci torni a casa, poi il fine settimana se vuoi trovare qualcosa vai a Verona.’
Siamo comunque su una strada, e siamo pochissimi, divisi tra chi ascolta la musica, chi segue i graffiti e chi sta al bar. La band suona ma c’è poca attenzione. Rizzo chiede a Milo un’altra pausa: il ragazzino incontrato nel pomeriggio è arrivato con la chitarra e ci suona tre pezzi, figo; poi è il turno di Pietro, genio dell’elettronica matto come un cavallo, che suona blues assieme al bassista, figo; c’è anche un ragazzo che fa rap, tunisino, ventisei anni due figli che vorrebbe unirsi alla band e suonare in piazza Italia, figo; poi qualcuno, pur senza scendere o farsi vedere applaude dalle finestre, figo; e qualcun altro infine sempre senza farsi vedere ci lancia oggetti, un accendino e delle biro, figo anche questo.
Roncafort: serata strana, sporca, sulla strada, una piazza immaginaria, situazioni diverse che si incontrano alla David Linch.
Prima di finire vorrei dire una cosa: noi non siamo una lista che vuole bene alla città. Quale bene? Se volessimo bene alla città non faremmo questa cosa in questo modo. Noi, da un po’ di tempo questa città la detestiamo, perché soffoca. Abbiamo semplicemente trovato un modo per tirare il fiato, svuotarci i polmoni e anche i coglioni. Possiamo dire che nei polmoni e nei coglioni ci stanno cose belle, l’hanno capito anche all’Upt, ma questa bellezza normalmente non è consentita. Possiamo dire di volere comunque mettere in discussione i nostri pregiudizi sulla città e quindi di volerci confrontare sull’anima, ma piazza dopo piazza il pregiudizio su Trento viene confermato.
Domani San Martino.

mercoledì 22 aprile 2009

Mattarello

A Mattarello abita Roberta che ha preparato il terreno e sale sul furgone a invitare, uno per uno, i suoi concittadini: ‘Ciao Sandro unisciti alla Band questa sera in piazza a Mattarello dalle ore 21.’
Siamo in piazza e per l’occasione avremo un special guest: Lorenzo Dellai. La lista circoscrizionale dell’Upt organizza una serata con Dellai nella sala della circoscrizione, esattamente dietro a dove metteremo la batteria, chissà come andrà a finire?
Noi iniziamo ad allestire, rispettosi ma al tempo stesso determinati. La piazza è per noi: è raccolta, c’è la fontana per il bar, lo spazio per il furgone, il palco e il proiettore (enorme). Questa sera: tributo ai Red Hot Chili Peppers con i Funk Monks, proiezioni sulla città commerciale del Foto Club di Mattarello e LSD per tutti a tre euro, sono arrivati i nuovi modelli, quelli fatti fare con la scritta.
Più di una persona si ferma mentre allestiamo. Tra queste c’è un cantante di una sessantina d’anni, repertorio anni ’60, fino a dieci anni fa suonava con un duo, spesso anche in un locale fuori da Mattarello di cui non ricordo il nome, grandi feste. Poi proibite dal comune. I gestori dei locali devono offrire cultura alle persone se no queste non vanno e infatti il locale ha chiuso. Non suona più, neanche alla festa del paese, lì suona il macellaio con il suo gruppo. Il paese è un mortorio, ‘questa sera verrò e porterò gente’.
Passa una ragazza ‘anarchica’ sui trent’anni: ‘ma dai? Non sapevo che si potessero fare queste cose.’ ‘i ragazzini hanno rovinato il movimento anarchico. Anarchia non è rompere le vetrine o spaccare tutto, anarchia è fare quello che vuoi, essere libero. Se riesco ci vediamo dopo.’
La preoccupazione si vede solo in chi abita sopra di noi e in qualcuno con il cellulare in mano che continua a ronzarci attorno.
A sera il clima è disteso, la sensazione che ho è che facciamo comodo: siamo un argomento su cui discutere, altrimenti affiorerebbero le rivalità di partito, e se si sentirà musica dentro la sala la serata sarà più animata.
Non dimenticherò l’arrivo di Dellai in questa piazza della città di Trento. Arriva a piedi, soprabito chiaro, occhi piccoli, bianco in viso. Subito almeno dieci persone poi sempre di più si fanno attorno gettandogli ai piedi rami di ulivo: ‘Maestro. Maestro. Maestro ci dica una parola per capire quello che succede?’ ‘Figlioli, la musica è un messaggio universale.’ ‘Grazie, grazie Maestro. Bravi ragazzi. Musica! Musica! LSD! LSD!’ E tutto il gregge sparisce nella sala dietro al buon pastore. Nessuno ci ronza più attorno, restiamo noi e le scimmie funky.
Arriva anche il nostro pubblico, numeroso. I ragazzi sanno suonare e piacciono anche se è il loro primo concerto. Alle undici finiamo noi e anche l’Upt. Qualcuno ci ringrazia per avere animato la serata, lo immaginavamo. Alle undici e un quarto appare Dioniso: i Funky Monks ricominciano a suonare, fanno i bis e anche i tris. Perché? Perché si può e di solito non si può niente.
Suck my kiss per tutti anche per quello lì che ha ricominciato a telefonare ronzandoci attorno.
Prossima tappa Roncafort.

martedì 21 aprile 2009

Miracolo a Meano

Il tour fa tappa a Vigo Meano, Meano, Gazzadina. Anche questi sono paesi lontani dalla città eppure Rizzo dice che qui c’è anima, e la musica trova spazio ed attenzione.
Se non ho capito male questi sono paesi Rock con tanto di gruppi e feste, addirittura Bazzotto mi parla di un leggendario concerto di qualche decina di anni fa, deve avere suonato un gruppo leggendario tipo i Ramones. Indagherò.
Noi arriviamo a Vigo Meano alle cinque, pioviggina, non abbiamo la corrente ed è anche freddo. In piazza, salvo improbabili allestimenti, sembra possibile mettere il gruppo solo sotto la pensilina dell’autobus. Riunione al bar.
Andrea e Luisa ancora carichi da ieri sono lanciati per suonare in paese, io e Ale preferiremmo chiedere al bar di ospitarci, anche questo farebbe Blues Brother’s. Guai a scegliere la strada più semplice. Giriamo il paese, ci dicono di chiedere un volt della parrocchia, il parroco è un tipo rock, troviamo il sacrestano, poco rock, niente volt. Chiediamo ancora, niente. Mettersi sotto la pensilina significa dover tirare 50 metri di cavo per avere la corrente, bisogna oltrepassare un cantiere in costruzione e arrivare dal papà di un’amica di Rizzo. Abbandono il campo per andare a cena, consiglio alla band: chiedete al bar.
Torno dopo cena e ancora una volta mi stupisco. Il gruppo suona sotto la pensilina, in più è stato fatto un allestimento per cui anche il bar e gli LSD sono al coperto, la corrente c’è anche se non si sa da dove arriva, le luci scaldano la situazione e ci saranno venti persone, il tutto fa tanto presepe.
Milo Brugnara e la sua Band cantano per Trento Soul Moderno. Milo Brugnara è un ragazzo alto, gentile, che tra un pezzo e l’altro parla e sorride. Milo Brugnara è rosso. Rosso il cuore rossi i capelli. Canta di partecipazione, lotta, immigrazione, Palestina. Non mi ritrovo del tutto ma il suo pensiero è musica. Le sue canzoni si possono scaricare, basta digitare su Google Milo Brugnara.
Mi presentano una ragazza a cui chiedo di Vigo Meano e dintorni, ha scritto una tesi di laurea su alcolismo e droga tra i giovani del paese: lo spino che gira per la piazza è nulla in confronto a ciò che gira nelle case.
Presento al microfono il progetto: ‘mentre chiediamo elezioni più lunghe per tutti cerchiamo l’anima della città’. Conosco Andrea, un ragazzo di Feltre arrivato qui per caso, avrà ormai più di quanrant’anni. Parliamo del progetto, mi dice che è tre volte che in una sera sente dire la parola anima. Dice che l’Anima è tutto, se tutti prima di addormentarsi, appena chiusi gli occhi, ascoltassero l’anima le cose sarebbero diverse. Dice di essere abituato politicamente a trovarsi in mezzo a cose dure e forti, cose che non ci sono più: gli anni settanta e ottanta dei centri sociali, le pere e gli scontri. Io cito James Brown: ‘Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Loro ci odiano, loro ci maltrattano, sbattono la nostra testa contro il muro e tu non ti abbassare, dillo forte: sono nero e orgoglioso; dillo forte: sono nero e orgoglioso. Questo dice James Brown, utopia è la ricerca di qualcosa di talmente bello da generare meraviglia, attrazione e al limite suscitare invidia. La tragedia non mi interessa, non è più forte né più dura dell’utopia, semmai è più semplice; è almeno un mese che sputiamo sangue tutti i giorni.’
Dice di avere scoperto l’anima e la bibbia, non come Giovanni Lindo Ferretti, ma come Erri De Luca. Dice che questa cosa che facciamo politicamente è zero, zero, però la sera, la piazza, la gente, tocca l’anima. Parliamo e politicamente mi sembra già tantissimo.
Poi, neanche li avesse mandati Pasolini, arrivano i carabinieri. Lui ironicamente dietro a Mirko, senza farsi vedere, fa gesti da rivoltoso, io mostro le carte a uno dei due, l’altro gioca con Artù, il cane Corso grosso e nero del Mirko. Alberto è convinto: li hanno chiamati dal bar.
Poi Alberto mi chiede di ringraziare l’autista dell’autobus numero 3 che fa il giro largo. Respect.
Prossima tappa Mattarello.

lunedì 20 aprile 2009

Madonna bianca due.

Alle quattro ci troviamo sul campo di battaglia. Piazzale Europa. E per chiamare le cose con il loro nome Madonna Bianca viene prontamente ribattezzata Waterloo. Campagna finita. Se il richiamo può sembrare eccessivo, ci limitiamo a dire Water, acqua. Water, cesso. Merda.
Piove governo ladro! E’ andata male.
Pensare che tutto era pronto, avevamo il palco e ce n’era anche uno naturale nella piazzetta, eravamo andati in giro con il furgone piazzandoci sotto le torri, una ad una, aspettando che la gente uscisse, era pronta la cucina e anche il bar.
Tentiamo di cambiare posto: proviamo al Soultrain, al Bruno, alla Stube, al Simposio; niente da fare.
Non ci sono alternative, o annullare tutto o tentare lo stesso cercando un posto al coperto. Il posto lo si intravede di fianco alla banca. L’acustica sembra disastrosa, piuttosto squallido il luogo e umida la situazione. Di fronte a noi suoneranno i Madd, una band da 500 persone al colpo, passano di qui per caso e li sottopaghiamo, se vedono il posto magari non suonano neanche.
Ce la giochiamo.
Quando non c’è più niente da perdere si mollano i freni, la band del Soul Moderno suona al completo: chi spazza, chi recupera pezzi, chi monta l’impianto, chi crea la scenografia, chi il bar e la cucina, chi va col furgone, chi la spiega ai Mad. Ci stanno.
Quando i Madd provano, sono all’incirca le sette, a Madonna Bianca c’è la messa, grande affluenza, veramente notevole.
Alle nove e mezza siamo tutti pronti. Saremo in cinquanta, forse meno. Per la garage band una garage garage location, il posto migliore per girare un video, lo gireremo. I primi a notarlo sono loro, traduco dall’inlese-olandese: ‘Ieri eravamo in un grande posto a Roma, con tantissima gente, ma qui ci piace di più’. Loro iniziano a suonare, noi a ballare e gridare. Fa caldo, l’acustica è perfetta, si sente in Clarina. Pochi da Madonna Bianca. Andrea, guardando dentro le finestre delle case, mi fa notare le luci che cambiano, è lo zapping delle TV. Videodrome fratello, godiamoci questi trenta giorni. Per l’occasione la cucina è autogestita: hai anche tu delle crepes nel cuore? Unisciti alla band. Il bar fa affari d’oro, finiamo in pareggio e anzi avanziamo trenta euro. Finisce il concerto, fanno un altro pezzo e poi, mai successo, ne fanno un altro ancora. A fine serata chi è rimasto finisce il fusto.
Se abbiamo resistito a Waterloo non ci ferma più nessuno.

Madonna Bianca.

Per Madonna Bianca il problema è la Bolghera. Domani saremo in Bolghera, di fronte all’ospedale, di fronte all’ospedale non si può fare nulla. Che si fa? C’è qualcuno della band che abita in Bolghera? Ha un giardino? Mette a disposizione la casa? Aprire la propria casa è come aprire la propria anima, sarebbe un gesto molto potente e simbolico. C’è! E molto ben disposto. Dovrebbe suonare un gruppo di Verona al SoulTrain domani, chi sono? Gli Home. E’ fatta, è scritto nel destino. Ci facciamo preparare un permesso per musica di sottofondo e corriamo a fare il sopraluogo.
Il posto non è proprio l’ideale, però, volendo, lavorandoci dietro, cento persone ci possono anche stare. Sarà dura avvertire tutti, non ci sono parcheggi e con il permesso solo per il sottofondo è chiaro che la polizia arriverebbe subito, era da preparare prima, bisogna sentire l’Ale e poi Bicio che organizza il concerto e poi il gruppo.
Passano le ore e il concerto di domani in Bolghera salta, si vede che avevamo letto male.
Ci precipitiamo a Madonna Bianca. E’ troppo tardi, sono ormai le sette ed è improbabile che qualcuno venga se ci mettiamo ad andare in giro con il furgone adesso e per non più di mezz’ora. Poi la piazza è troppo bella e il quartiere troppo significativo per non farci nulla di meglio organizzato.
Le date di oggi e domani verranno rinviate, domani sera ne approfitteremo per fare il punto.
La cosa più forte di tutta la giornata rimane il desiderio espresso da un membro della band di fare la festa in Bolghera. La Bolghera, ‘quartiere di vecchie’, che anche se stanno morendo, non hanno perso il gusto di dir male, di telefonarsi per segnalare le altrui mancanze, tipo hai visto che disordine su quel poggiolo? Che poi devono parlare a voce alta perché non sentono più tanto bene e le senti come fossero in casa. Dice un proverbio trentino: ‘Se no ghe n’è dentro no ne ven fora.’ E allora: ‘Vei! Vei! Vei dentro che la porta l’è d’averta. Vei a darme na man dio can e no sta a romper i coioni.’ ‘Te sei en por laor’. Può ben darsi, anzi sicuramente, ma come sei te non basta, manca qualcosa e puoi anche avere la casa in ordine e i vestiti puliti e stirati ma se non ce l’hai dentro non viene fuori. È una cosa che non si vede ma si sente che manca, e se non la senti bisogna riattivare l’udito. E allora Soul, Soul a tutto volume.
Madonna Bianca e la Bolghera, le recupereremo.

domenica 19 aprile 2009

Ravina

Piove anche oggi ma a Ravina siamo al coperto, sotto la tettoia tra la palestra e il circolo anziani. Alberto ha organizzato tutto: ‘chi suona questa sera?’ ‘chi vuole’. Perfetto.
Il pomeriggio si apre con il liscio. Suona Dennis Cecco. Il porticato si Anima. Per la prima volta ci sono più donne che uomini e per la prima volta la cosa non mi entusiasma: non so ballare, non so ballare, non so ballare e va bhè, però mi porti tu. Tra un valzer e una baciata, mentre riprendiamo fiato, con gli altri ballerini della band spieghiamo l’iniziativa. Avete ragione, musica!
Mi stupisco nel vedere donne dallo sguardo basso e cupo iniziare a muovere i piedi fino ad arrivare a ballare da sole, se ci fosse un ballerino la cosa mi sembrerebbe addirittura sensuale. Profanare. Bisogna profanare il muro del suono, questa è la missione.
Nonostante l’imbarazzo iniziale mi diverto a farmi portare in giro passando da una donna all’altra.
Prima di cena vado in furgone con Silvia e Tom, bisogna allertare Madonna Bianca per domani. Domani arriveranno i Mad (chi se non loro?), grande garage band dall’Olanda. Tommaso libera le ali e voliamo tutti quanti. Ci fermiamo sotto ogni torre: ‘domani sera, devi venire, tu, tu e anche tu.’ Aspetta che le persone escano dal palazzo, alza il volume dello stereo, se non esce nessuno suona il clacson, se lo mandano in mona chiede perché e invita a salire, a venire. Capita che uno alla volta dai palazzi escano anche quindici persone, una potenza. Tempo permettendo domani spacchiamo, non può andare male, siamo in missione.
Torniamo alla base. Luciano ha impastato le tigelle, c’è anche il lardo battuto e il parmigiano. Se ci fosse il lambrusco Ravina oggi sembrerebbe territorio modenese.
L’appello di Alberto ha funzionato, ci sono i musicisti e tutti suonano Soul acustico: Mirko Saltori solista; Death by Pleasure e Norticanta. Infine, per chi ha partecipato ad Ecoart2007, si avvera un sogno: il Mirko suona con il Re del Rock.
Soul, Soul, Soul.
L’ LSD continua a fare presa. Passa un giovane e ne compera uno tigrato, poi si dilegua. Passano cinque minuti e arrivano gli amichetti. Quando sento un amico del primo ragazzo chiedergli: ‘posso prenderlo come il tuo?’ mi dico ‘è fatta, funziona’. Se non fumassero sarebbe certamente meglio, diciamo che questa è una politica di agganciamento e riduzione del danno. Giusta o sbagliata che sia sembrano passati mille anni.
Grazie Ravina.

sabato 18 aprile 2009

Villazzano

Villazzano ci accoglie, lo vedi subito, lo vedi dal furgone, pochi insulti tanti sorrisi. Bruno deve averci preparato il terreno. Siamo in una strana piazza, di quelle attraversate dalle strade, e non capiamo dove metterci per parlare; del resto nessuno si ferma più a parlare nelle piazze e se le piazze non servono per parlare avanti con rotonde e strade.
La corrente ce la dà un’anziana signora che ghe pias la musica. Discutiamo su dove metterci. Propongo il modello anfiteatro, tenere le spalle di bar e orchestra verso la strada, il pubblico starà nel parchetto che sale verso il cancello. La decisione si rivelerà infelice ma anche ragione di riflessioni. E’ come se emergesse una vocazione o naturalità delle cose. Là dove la piazza ha una sua vocazione alla socialità adesso c’è una strada, eppure le persone che interverranno la sera si fermeranno a parlare in mezzo alla strada e il tutto con molta naturalità. Non so cosa ciò possa significare, di sicuro la band è rapida negli spostamenti.
Oggi i giovani dell’Upt organizzano una cena per discutere di Villazzano, prima che la cena inizi fanno gruppo poco lontano da noi. Reciprocamente ma sempre mantenendo le distanze ci guardiamo, ci invitiamo, sorrisini, ma non sboccia l’amore.
La nostra serata prevede un ospite d’eccezione. Un artista, un musicista nel senso profondo del termine, un mito: signore e signori questa sera alla Band si unisce La Piccola Orchestra Felix Lalù.
Utopia è ironia e l’ironia attraversa il trentino, quello profondo e viscerale, che ha poco dio, che fa la sort e gioca alla mora pensando all’amore. L’ironia si schianta infine sulle hit del momento: Sono della Val di Non e Trento Soul Moderno, un’animale per la mia città.
Tutti ce la ridiamo e beviamo in Villazzano.
Record di spaccio LSD.
Marchetta: La Piccola Orchestra Felix Lalù si esibirà ancora per il Progetto Trento Soul Moderno il 29 aprile, prima sul furgone e a seguire in Piazza Dante. In quell’occasione chiunque acquisterà il cd ‘El se sentiva Soul’ riceverà una bustina di LSD originale alla modica cifra di 2 euro.
Domani a Ravina doppio appuntamento, pomeriggio e sera.

venerdì 17 aprile 2009

Povo.

Nel pomeriggio a Povo scende qualche goccia. Eppure per sera è previsto un gruppo, e comunque: se salti una serata va bene, due dai, tre è finita. Si va. Troviamo subito piazza e luce. La luce ce la dà il chiosco dei gelati che c’è nella piazza, e con la luce anche la tettoia per tenere il gruppo al riparo; l’iniziativa piace e magari, nonostante il freddo riusciamo a portare un po’ di clienti; per l’occasione la tettoia viene allungata più che si può, grazie, grazie.
Inizia a piovere per davvero e non si direbbe voglia smettere. Diciamo al gruppo di non venire ma non ci diamo per vinti. Montiamo il dj set e attacchiamo il soul.
Chiedo ai due gestori della gelateria notizie di Povo, il paese piace ma non approfondiamo.
Arriva sera, Milena, Silvia e Stefania vanno in giro con il furgone. Gli altri entrano in pizzeria e io resto solo davanti al dj set, dietro di me la ragazza che aspetta invano di fare i gelati. Mi giro verso di lei giusto per fare quattro chiacchere innocenti e all’improvviso la piazza deserta e quella tettoia si trasformano, più che in un Soul Club direi che siamo nell’Italia dei primi anni cinquanta, piena ricostruzione, neorealismo. La serata va male sia per me che per lei e allora mi offre una coppa di gelato, grande e con su tutta la frutta fresca. Sono intollerante al latte ma lo accetto volentieri. Poi alla fermata dell’autobus vediamo un gatto grigio. E’ molto spaesato, si direbbe abbandonato. Dopo qualche minuto: ‘Poverino, non bisogna abbandonare gli animali. Avrà fame?’ Per l’occasione vinco anche l’allergia agli animali in genere e ai gatti in particolare: ‘potrei andare a prendergli qualcosa in pizzeria?’ ‘Sì dai, io intanto provo a cercare qualcuno che lo porti a casa.’ Torno con la pizza e sotto la tettoia c’è già qualcuno disposto a prendersi cura del micio. Poi arrivano anche gli altri e tutti mangiano il gelato, tutti ascoltiamo musica e dal microfono lanciamo messaggi d’amore al mondo.
Domani Villazzano.
P.s.: chiunque avesse smarrito un gatto grigio a Povo è pregato di rivolgersi alla Band.

martedì 14 aprile 2009

Piedicastello.

Pasquetta. Solito viaggio in furgone, soliti saluti, sorrisi e ‘ma va là, va là…’. Insolito commento una volta arrivati in piazza a Piedicastello: ‘Oggi è festa, voi non fate festa? Anche io ho bisogno di lavorare, ma oggi faccio festa. Bisogna rispettare le feste’. Parole sante, bisogna rispettare le feste, la nostra festa dura trenta giorni e questa sera la festa è qui. Mi ritrovo così a discutere con un ragazzo di circa trent’anni, tunisino. Sta riempiendo bottiglie d’acqua alla fontana, poi ne cerca altre tra i rifiuti. Si prepara a passare la notte all’Ex-Italcementi. Dice di essere in regola con i documenti e di andare e venire dall’Italcementi a seconda del lavoro. Appena c’è un contratto si trasferisce dai pachistani, 150 euro per un letto, finito il contratto e i risparmi ritorna all’Italcementi. Dentro la fabbrica la sua stanza è molto curata, la condivide solo con persone di cui si fida e che quando arrivano i poliziotti a fare le retate, alle quattro o cinque del mattino, danno un’occhiata veloce e se ne vanno perché sanno come stanno le cose in quella stanza.
Se non fosse un discorso assurdo sarei quasi contento per lui. Se non fosse un discorso assurdo gli direi che non è il caso di rompere i sacchetti dell’immondizia e gettare tutto a terra perché poi sai la gente, quelli della nettezza urbana, l’ambiente.
Mi saluta e sparisce dall’altra parte della strada.
Problema corrente, inizialmente ci avevano detto di sì due studentesse ma poi, visto che sono in affitto e sono arrivate qui solo da due settimane… ‘Sai com’è…’, ‘Com’è? Non hai il contratto?’ ‘Sì però sai com’è?’ Non lo so però lasciamo perdere.
Ci soccorre una ragazza che conosce il Laboratorio sul Moderno e abita in piazza.
Questa sera proiezione di foto e musica industriale, Dj Carlo de Carli e foto di Alvise.
Arriva il resto della band. Poche le persone da Piedicastello, poche ma buone. Un signore sui cinquanta avanzati mi dice che è un peccato fare questa musica, che se ci fossero stati dei violini o cose acustiche allora forse ma così. ‘Guarda che questa è musica di ricerca…’ cominciamo a parlare. Gli chiedo di Piedicastello, mi dice che la gente è chiusa ma cose se ne fanno, la festa, il mercatino dell’antiquariato e adesso che la piazza è stata liberata dalle macchine è sicuramente più bella. L’Italcementi? I disperati da qualche parte è chiaro che devono andare, a parte i piccoli incendi che ogni tanto ci sono e l’immondizia in giro fuori dai cassonetti, grandi problemi non ne creano, fanno più paura che altro. Semmai il problema Italcementi è la speculazione che c’è dietro, che riguarda anche la Curia. Mi parla dell’ex proprietario che è riuscito a farsi dare soldi per prenderla, poi si è fatto dare soldi per tenere su un suo terreno dei materiali inerti provenienti dai lavori della galleria, poi i soldi glieli hanno dati anche perché è riuscito a rivendere quei materiali. E mentre mi dice queste cose ride, ride perché sono assurde.
Infine mi parla di un certo Bistecca, che faceva casino, un mangiapreti, che è riuscito a farsi eleggere nel paese in cui si è trasferito raccogliendo l’elemosina in chiesa. E ride.
Gli spiego che noi siamo scesi in politica per fare festa durante i giorni della campagna elettorale. Ride e mi chiede un volantino con il tour.
Poi arriva un candidato dei Verdi, anche lui cinquant’anni passati, per lui siamo ‘quelli del bar’. Assurdi. Vuole sapere con chi stiamo, perché se vince Morandini che è sostenuto dalla Lega o Andreatta che è stato eletto attraverso le primarie le cose cambiano. E vorrei chiedergli cosa cambia? Vorrei dirgli che quelli del bar pensano che sia assurdo che all’Italcementi vivano 150 persone, e che forse è assurdo per un Verde sostenere un candidato sindaco che promette l’inceneritore, o magari sostenerlo, entrare in consiglio, e poi fare opposizione. Ma mi precede dicendomi che non capisce perché non riesce più a parlare con suo figlio. E proprio quando sto per dirgli che è ‘perché hai visto pochi cartoni animati e non puoi capire l’ideologia’ arriva Tommaso e se lo porta via.
Ultimo incontro, gestore di locale: Piedicastello quartiere di vecchi, non ci sono bambini in giro. La gente all’Italcementi non è un problema, i disperati devono pur trovare un posto in cui stare, tutti in un posto sono anche meglio controllabili. Peccato la piazza, quando era un parcheggio era più facile per i clienti raggiungere il locale.
Finisco la serata ascoltando un po’ di sana musica industriale.
Prossima tappa Madonna Bianca.

domenica 12 aprile 2009

Martignano. Carta Canta.

Parco di Martignano, posto incantevole, nel pomeriggio frequentatissimo da bambini e famiglie. Per la corrente bisogna ricorrere al generatore. A sera suoneranno tre giovani band di Trento: THREE PICKS, ZEROIDS, OTHER WORLD.
I THREE PICKS arrivano già nel pomeriggio: ‘sareste contenti di andare in giro con il furgone?’, affermativo, ‘siete tutti maggiorenni vero?’ No, tempo di dirlo e hanno già in mano il microfono.
Si parte, il cantante attacca: ‘Questa sera a Mattarello’, gli altri in coro: ‘Martignano mona’; ‘Scusate, questa sera a Martignano, THREE PICKS, ZEROIDS, OTHER WORLD dal vivo’. Più avanziamo verso la città e più: ‘il solo modo per capire è venire!’, ‘per dare suoni, immagini e vibrazioni nuove alla città di Trento: LSD.’
A cena toast per tutti.
Arrivano i supporters e inizia la musica dal vivo.
Mentre i gruppi suonano si uniscono alla band una volante della polizia e una dei vigili urbani, adesso possiamo dire di essere al completo ma la musica non cambia: carta canta.
Discuto con uno dei presenti, un signore sulla cinquantina. Dice bravi, avete ragione, fate bene, questi ragazzi hanno il diritto di sfogare la loro energia, peccato che poi… e mi indica la fontana imbrattata di scritte, io gli dico che se la compressione si sfoga in questo modo va ancora troppo bene. A quel punto inizia il racconto: ‘Vedi, io ero tra gli organizzatori di Concentratissimo Rock, hai presente?’ ‘Più o meno’, ‘Bhè, qualche anno fa, durante la serata finale ci ritroviamo fuori dalla festa un venditore abusivo, il classico baracchino con le ruote gestito da un immigrato. Scendiamo a dirgli guarda che abbiamo bisogno di raccogliere soldi per coprire le spese, anche noi abbiamo il bar e la cucina, ti chiediamo di andartene. Lui dice di sì e poi si sposta di venti metri. A quel punto chiamiamo i vigili. Arrivano, ci chiedono qual è il problema, ci chiedono i permessi, il permesso finiva alle undici e mezza, era mezzanotte e ci fanno chiudere. Era la serata finale e non riusciamo a fare la premiazione, la premiazione ti rendi conto? Avevamo chiamato i vigili per essere difesi e ci abbiamo rimesso. A quel punto ho deciso di entrare in politica. Quale partito io abbia scelto non ha importanza.’
Parola del consigliere comunale della Lega Vittorio Bridi.
Non so perché mi ha colpito questa storia. Non so neanche se è vera. Certo è che la politica è diventata ben poca cosa, ma per davvero, e per molti versi la nostra azione lo dimostra.
Si ricorre alla politica per buttare fuori un disagio che andrebbe affrontato diversamente; alla politica si ricorre nel tentativo di prevalere nella lotta fra poveri, o come direbbero i trentini fra poveracci.
Per quanto sia da dimostrare non è un ragionamento che vale solo per Trento, i sociologi parlano di colonizzazione del mondo vitale e tirano in ballo l’economia e i mass media in genere. Il problema è che Trento si guarda bene dal riconoscerlo continuando invece a darsi la pacca di città diversa, moralmente alta e socialmente impegnata.
L’aquila ha le ali tarpate e una corona la sovrasta, non c’è un sogno, non c’è un progetto di senso, non c’è musica e si ricorre alla politica, all’istituzione, per qualsiasi fastidio o nobile causa: ci si separa, ci si segrega, le ali restano chiuse, l’anima non esce, l’energia resta dentro e ristagna.
L’energia però non può ristagnare a lungo, prima o poi viene fuori, Dioniso ritorna.
Si tratta solo di capire sotto quale veste, se ancora una volta il dolore darà vita ad una musica che prenderà la forma della tragedia o se, dopo tanto tempo, la musica sarà di nuovo utopia.
Ci sono tanti ragazzi e alla fine tutti ballano sul ‘palco’.
Il metal riesce ancora a scaldare giovani corpi, cuori, anime.
Per me ci vuole la grappa.
Prossima tappa Cognola.

sabato 11 aprile 2009

Sesta tappa, Montevaccino

Venerdì Santo, lutto nazionale, Montevaccino. Peggio di così. Con questa sensazione sono partito per Montevaccino e con questa sensazione sono tornato a casa, cambiando però l’ordine di importanza delle cose.
Montevaccino, un paese lontano, un paese che non sai che c’è e va bene così. I paesi del Bondone sono lontani da Trento, però lo sai. Cognola, Martignano, Villazzano sono attaccati alla città, Tavernaro e Villamontagna si susseguono a breve distanza. Montevaccino è fuori, a Montevaccino non c’è nulla e va bene così. Case, Chiesa e Centro Sociale. Case, parte nuova e antica, la Chiesa e il Centro Sociale. Le case nuove sono venute su come i funghi negli ultimi vent’anni, chi le abita nessuno lo sa. Speriamo che Andreatta non sia veramente il sindaco del mattone, perché qui hanno già costruito abbastanza, ci dice un signore, uno dei pochi che nel pomeriggio raggiungono la nostra postazione.
Ancora una volta siamo tattici: sulla via della Chiesa, davanti al Centro Sociale. E’ venerdì santo, la Chiesa si riempirà, e quando le persone usciranno noi saremo lì ad aspettarle. Fa freddo a Montevaccino. Alle nove la messa finisce. Le persone passano, stupite tanto quanto noi. Se loro pensano ma chi sono questi? Noi ci chiediamo ma dove sono gli altri? E’ venerdì santo, dovrebbero essere tutti in chiesa e invece no. Noi non ci lanciamo a fermare le persone, ci pensa il papà di Giorgio, si fa in quattro e gli amici del posto lo guardano pure male. Abbiamo però l’occasione di parlare a lungo con una persona sui quarant’anni, direttore del coro, di più cori e tra gli animatori del Centro Sociale. A Montevaccino non c’è il bar, tanto a cos’è che serve? A bere birra? Il fatto che a Montevaccino non ci sia nulla, che sia un luogo terminale è la sua salvezza, prova a metterti a parlare sulla strada principale di Cognola. Il Centro Sociale ha una biblioteca che viene autogestita, e i vari gruppi del paese si incontrano lì, feste se ne fanno regolarmente, il coro dei giovani è composto da 26 ragazzi e tutti quelli laureati sono usciti con 110 e lode, tranne uno che ha preso 109 perché non c’era un commissario. Voi sbagliate perché prendete la politica come un gioco e alla fine sulle poltrone si siedono sempre quelli. Bisogna anche essere capaci di fare sacrifici nella vita. Certo le cose sono cambiate, se ti serve un litro di olio o del pane non lo chiedi al vicino, scendi a Martignano o ne fai a meno, ma questi cambiamenti ci sono ovunque, è la società. Se proprio dobbiamo dircelo c’è una separazione tra le ‘zocche’ e i nuovi arrivati. Quelli non sai neanche chi sono, e scopri a Trento che abitano a Montevaccino, del resto qui la gente esce la mattina e torna la sera. Assieme al signore ci sono dei ragazzi, fanno parte del coro ma non partecipano alla conversazione.
Vado da Andrea: ‘Andrea a Montevaccino c’è l’anima’ c’è questo, quello, quell’altro e il coro di giovani; ‘Guarda che qui la gente a vent’anni strippa.’ Ad ogni modo, a parte noi, strippati a Montevaccino per la strada non ne abbiamo visti e come direbbe la sociologia: se non li vedi vuol dire che non ci sono.
Meglio tornare a casa, alla svelta.
Domani Martignano.

Montevaccino 1&2

Prima parte
Montesi, così si chiamano le 450 persone circa che vivono, o meglio hanno casa a Montevaccino. Sono incuriosita dalla tappa del tour di ieri prevista per la sera. Appena alzata mi tuffo su internet a cercare qualche notizia. Mi perdo tra le mappe per trovare questa parte della mia città che non ho mai visitato. So che esiste perché uso spesso i mezzi pubblici e so che il 10 fa capolinea a Montevaccino. 
Navigando nella rete trovo un sito dedicato a quello che, formalmente, è un quartiere di Trento. Scopro che c'è qualche attività in corso; insomma, non sembra essere solo una manciata di case che un gigante sembra aver lanciato sulla parte più soleggiata della montagna. Un'associazione sportiva, gli alpini, balli di gruppo e splendide fotografie. È quasi ora di pranzo e mi dico: “Perché non pranzare a Montevaccino?” Da internet scopro anche la presenza di un castello abbandonato. Parto, con Luciano che conosce la strada, ma che come me non ha idea di cosa incontrerà. Dopo 20 minuti di curve e tornanti sulla destra vediamo un ristorante /pizzeria. Sembra chiuso. Ma cosa importa! ci sarà un agriturismo o un bar dove mangiare un panino! Ci accoglie la deliziosa chiesetta. Parcheggiamo al capolinea del 10, uno slargo trasformato in piccola piazzetta dove campeggiano anche i cartelloni della campagna elettorale. Ecco il tour ed ecco che accanto la data di oggi c'è la scritta MONTEVACCINO. Ho letto su internet che fino a poco tempo fa nel cimitero erano sepolte persone che portavano solo quattro cognomi. Ora la varietà è aumentata e il grazioso cimitero accanto alla chiesa sembra raccontare la storia di un piccolo paesino dove la vita scorre tranquilla e le lapidi sussurrano semplicemente la vita degli anziani. Tutto è in fiore, rossi tulipani e narcisi giallo oro colorano i giardini di case bellissime e nuove o di recente ristrutturazione. Per chi come me è cresciuto in una grigia metropoli della pianura padana, questo sembra essere un piccolo paradiso. In un giardino c'è una festa di compleanno. Bambini di una decina d'anni giocano, urlano inseguendo un pallone. I giovani ci sono. Anche a giudicare dalle auto sportive parcheggiate. Comincio ad avere fame e iniziamo a cercare un posto per mangiare. Ci avventuriamo per tutte le vie laterali alla strada principale che poco dopo la piazzetta si trasforma in strada sterrata. Nessun bar, nessun agriturismo. Non ci pensiamo molto: “Forse dietro quella saracinesca abbassata c'è un locale che è chiuso per le festività pasquali!” - pensiamo. Ma anche se la fame è tanta, voglio ancora trovare il castello di Montevaccino. Mi guardo intorno e scorgo i merli di una delle due torri. Poi ricordo: il castello si trova nella parte vecchia, a Montevaccino di sotto. Dalla chiesa parte una stradina ben tenuta che circonda il parco giochi, una terrazza proprio di fronte al sagrato: aiuole colorate, altalene scivoli una rete da calcio e da pallavolo. Scendiamo e poco dopo la strada diventa abbandonata, materiali inerti ed erbacce prendono il posto dell'ordinato porfido e poi ...eccolo! Il castello. Decadente, abbandonato sul ciglio della montagna con i sui due torrioni. Attorno ad alcune finestre si intravedono le decorazioni rosse che ne circondavano i profili; accanto grondaie improvvisate e toppe di malta. Le pietre si stanno sgretolando e gli alberi che lo circondano, cresciuti senza alcuna guida, sono selvaggiamente fioriti. Passo sotto un arco, trovo una fontana e accanto, altre case recentemente ristrutturate o ancora in piena manutenzione. Non saranno più di cinque. L'acqua scorre nella fontana. Il sole caldo del primo pomeriggio proietta solide ombre sul terreno abbandonato. Sono troppo affascinata per chiedermi cosa è successo e la meraviglia è tanta che non riesco ad immaginare una storia. Questa sera chiederò a qualcuno del posto che mi racconterà...

Seconda parte
In serata dopo qualche telefonata incontro un ragazzo del posto Giorgio che ci porta con suo padre Guido da una dei responsabili del centro civico. Poco oltre la piazza, le vecchie scuole elementari sono diventare il centro dove i coristi si esercitano, si ritrovano gli alpini, la biblioteca apre qualche pomeriggio a settimana. Anche il medico del paese ha lì il suo studio. Chissà se abita anche lui a Montevaccino oppure è il solo che viene a lavorare qui! Ci raccontano di un paese in cui ci si riunisce attorno ad eventi religiosi e in cui regna la tranquillità. Non c'è un bar. Ne una bottega. Quando il paese aveva solo 200 anime c'erano due bar, dove tutti si incontravano dopo il lavoro nei campi, boschi e di rientro dalla città. Ora che il paese è di 450 anime circa non c'è neanche un posto per comprare il pane. L'ultima bottega ha chiuso 15 anni fa. È un dormitorio. Di lusso , ma un dormitorio. Eppure in quelle villette tra i glicini e le serre che custodiscono le verdure anche per l'inverno, tra le siepi rigorosamente potate, non c'è solo chi torna stanco da lavoro e aspetta il giorno dopo per tornare in città. Ci raccontano di gente che fa musica e canta nei cori. Quest'inverno il coro di Montevaccino ha spopolato per tutto il trentino durante le vacanze natalizie. Ma dove sono? Veniamo accolti in casa dalla signora Luigia che ci da la possibilità di utilizzare la corrente elettrica per lo spettacolo della serata davanti al centro civico. Un po' di musica, qualcosa da bere e da mangiare per fare due chiacchiere e trovare i suoni di Montevaccino. “C'è la funzione religiosa, quindi fino alle 21.30, quando usciranno, non vedrete nessuno”. Poi la signora Annamaria ci accoglie in casa e ci fa vedere dove realizza i suoi splendidi lavori che orgoglioso il marito mi ha mostrato appesi ai muri del salotto della signora Luigia. Lavora in una stanzetta di non più di tre metri quadri e lì realizza con un impasto naturale dei quadri che non oso descrivere. Quei fiori che vediamo nei giardini di monte vaccino sono lì nei suoi quadri. Sembra di sentire il profumo dei glicini mossi dal vento, l'aroma della torta preparata dalla nonna. Ci racconta del suo lavoro con una passione ed allegria che non posso che invidiarle. Dopo un po' di titubanza dice che verrà a vedere che facciamo dopo cena.
Arrivano i rinforzi ecco la band. Tavoli microfoni chitarre da bere e da magiare. È la quinta tappa e ogni volta c'è qualcuno di nuovo che si unisce... timidamente la band si sta allargando.
Il nostro intrattenitore musicale – Pierre detto Ray- propone dei suoi pezzi tra cui “Ragazzo trentino”. Non abbiamo dubbi tra qualche settimana tutti l'avranno nelle orecchie! Fa freddo, non c'è moltissima gente, ma qualche gruppetto dopo la funzione si ferma ad ascoltare e a chiacchierare. Un po' distanti, certo, ci avevano detto che a Montevaccino sono dei duri. E poi, sulle note di una canzone su due ciclisti, sfrecciano davanti a noi due intrepidi cicloamatori che armati di lampade frontali scendono dal Calisio. Ecco il segno! Il cantante non può credere ai suoi occhi e neanche io. La temperatura è terribilmente bassa, solo la forza di volontà e il calore delle poche persone che ci hanno raggiunto ci tiene lì. Pierre detto Ray che suona e canta ha le mani gelate, ma ripropone subito il brano in onore dei due ciclisti che hanno accettato il nostro invito per una pausa.
C'è qualcuno che dice che il paese è tranquillo non c'è nulla ed è per questo che l'hanno scelto. Chi vive qua da un po' rimpiange il piccolo bar e la bottega. Ma tutti sentono che “qualche problema di socialità c'è”.
Ecco un'altra sorpresa. Alcuni ragazzi si avvicinano su invito del signor Guido e tra loro un musicista. Chiacchieriamo con lui e i suoi amici e scopriamo che studia al conservatorio ed ha anche un gruppo. Gli offriamo una delle nostre tappe per la loro musica fuori dalle case nelle altre piazze della città. Speriamo che accetti, c'è bisogno di musica nella nostra città!
Il castello non è un castello. E' una villa abbandonata da un proprietario che non se ne cura. Peccato! Non sembra abbia alle spalle qualche storia misteriosa o affascinante. Per un periodo sembra sia stata abitata da due artisti che poi sono andati via. La bellissima Montevaccino custodisce alcune anime vivaci che faticano a sbocciare per le strade oltre i giardini privati.
Scendiamo infreddoliti dal Calisio. Grazie a tutti quelli che hanno voluto dividere qualche ora del loro tempo con noi e speriamo che a qualcuno torni la voglia di avere un locale dove guardare insieme la partita, mangiare un gelato e fare quelle chiacchiere e suoni che rendono viva e felice la comunità.

giovedì 9 aprile 2009

Barzellette alla Vela

Quarta tappa del Tour, la Vela. Arriviamo alle cinque del pomeriggio. Lo spazio a nostra disposizione è nel parcheggio di fronte alla Chiesa. Solito problema elettricità. Proviamo a suonare alla casa a noi più vicina. Esce un signore alto, sui quarant anni. Spieghiamo la cosa e fa per rientrare in casa, lo fermo e gli chiedo se al di là di tutto gli diamo fastidio e lui risponde di no, a patto che ciò che facciamo sia in regola. Lo è.
La corrente ce la dà il gestore dell’albergo Vela. 
Alla band già dal pomeriggio si unirà una band hip hop, io torno a prendere tavoli, panche e locandine.
Al rientro tutto è si fa surreale.
Ci dobbiamo spostare, il signore alto ha chiamato i vigili, non possiamo stargli sotto casa, dobbiamo andare trenta metri più in là. Se prima le casse erano orientate verso la Chiesa adesso le dobbiamo orientare proprio di fronte a casa sua. Se prima potevamo usare la corrente del bar adesso dobbiamo ricorrere ai generatori. 
Chiediamo al parroco: ‘mi ve la dago la corent, ma se fe casin ve la stacco, se litighé ve la stacco, se non me pias la musica ve la stacco, se sonè quand che ghè la messa ve la stacco.’ Ci stacchiamo dal parroco. 
L’albergo ha delle stanze anche dietro a dove ci hanno messi e di nuovo ci prestano la corrente.
Sopra di noi abita un elettore di Cocca, scende a dargli il benvenuto: ‘Guarda ti ho visto in Tv, pensavo di votarti, ma adesso che vieni qui sotto casa mia a fare musica sono costretto a cambiare idea. Veramente, non si può. E che musica è che fate?’ ‘Hip Hop’ ‘Oddio ecco siamo rovinati. Cercate di capire siamo io e mia madre non rompete tutto. Non fateci del male.’
Io e l’Ale proviamo a fare un discorso che spieghi la cosa, demenziale. 
Alle nove siamo pronti, le band sono al completo.
Arrivano due mamme: ‘Veniamo a vedere cosa date ai nostri figli’ ‘LSD’ ‘A bene allora gli diciamo di venire.’
Parte l’hip hop e quattro ragazzi col cappuccio si mettono a fare politica, musica e politica, musica è politica, in un parcheggio alla Vela. Ne hanno per tutto e per tutti: per Trento, per la Vela e per le vele, per chi si vende, per chi non lotta, prendono in giro i loro idoli, ricordano il terremoto, salutano il parroco, free style. La Band dice Biooooo.
L’energia sale, nel parcheggio iniziano ad arrivare ragazzi e carabinieri, 1,2,3 volanti. 
‘Chi è responsabile qui?’ ‘Cocca!’ ‘E cosa state facendo?’ ‘Un comizio concerto, siamo una lista, andiamo alle elezioni’ ‘E avete diritto all’occupazione di suolo pubblico?’ ‘Sì’ ‘E potete somministrare cibi e bevande?’ ‘Sì’, ‘Anche alcoliche?’, ‘Sì’ ‘Suonare dal vivo’ ‘Sì’ ‘E fino a che ora?’ ‘Mezzanotte, per trenta giorni, tutti giorni.’ ‘Dovevate invitar, avvertire la questura. Qui ci sono dei problemi di ordine pubblico. Il traffico deve circolare.’ Tutti vediamo una macchina che non riesce ad uscire dal parcheggio. ‘La volante! Metti giù quel telefono e sposta la volante. La volante! Sposta la volante! Dicevamo, l’ordine pubblico. Voi dovete invitar, avvertire la questura. Perché se no poi i merit, le responsabilità ricadono tutte su di voi.’ ‘Scusi ma un negozio del centro con la vetrina e la gente che si ferma davanti...’ ‘Quella è zona a traffico limitato, non ha questi problemi. Per quanti metri avete l’occupazione di suolo pubblico’ ‘Nove metri quadri’ ‘Tutte le persone che qui avete radunato, noi compresi, dovrebbero stare all’interno dei nove metri quadri, tutti stretti stretti.’ Interviene il Bolla della Band, si batte tre volte il pugno sul petto fa il gesto e dice ‘Ho perfettamente capito dove vuoi arrivare e sono d’accordissimo con te fratello.’ Non capisco, riprendo la parola ‘Scusi ma voi andate anche agli altri comizi?’ ‘No’ ‘Allora perché tutte queste storie?’ ‘Vogliamo unirci alla band! Everybody need somebody to love. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno da amare. Voi, loro, e anche noi.’ ‘Ci fate mettere i megafoni sulla volante?’ ‘Certamente.’ ‘E il lampeggiante?’ ‘Fucsia!’ ‘Affare fatto’ ‘Dai ragazzo alza il volume’ e ripartono canticchiando Bioo! Bioo! Bioo!’ 
Le cose sono andate così e se alle prossime tappe del tour ci sarà una volante dei carabinieri è perché si sono uniti alla Band. 
Per la prima volta il Progetto Trento Soul Moderno ha messo in pratica la normativa per cui è nato, e funziona. Finalmente tutelati e non puniti nell’espressione del proprio pensiero. Penso al caso in cui le cose fossero andate o andassero diversamente, se qualcuno avesse impedito a quel ragazzo che si chiama Santiago di dire quel che pensa. Un possibile ricorso, il rinvio delle elezioni. Una, due, tre, quattro settimane, un anno. Utopia è ironia. Il prossimo Concilio di Trento dedicato all’anarchia.
Dopo domani Monte Vaccino, domani le comiche ad attaccare i manifesti con Bazzotto.

noi siamo piazzisti

A chi non ha capito ancora bene chi siamo e che cosa vogliamo, diciamo: VIENI!



Vieni nelle piazze del tour, vieni a osservare, vieni a parlare, vieni a domandare, vieni ad ascoltare, vieni a pensare, vieni a suonare, vieni a criticare, vieni a dubitare, vieni a recitare. Inosomma, vieni a fare quello che ti pare, ma vieni!!

dove saremo:

Venerdì 10: Montevaccino. Dalle 17.00 a quando si va a dormire a Montevaccino. Se a qualcuno va di suonare, ce lo faccia sapere.

Sabato 11: Martignano, di giorno e di sera

Domenica 12: Cognola, durante il giorno e anche di sera

mercoledì 8 aprile 2009

Quei de là

A Cadine la croce che sta sopra la facciata della chiesa ha un funzione ben precisa. Oltre a certificare che quella è la casa del Signore, dice anche se dentro la casa è attiva una funzione religiosa (croce accesa) o se dentro non c'è messa (croce spenta). Potevamo anche arrivarci, e invece le Nuove Sensazioni hanno attaccato con la musica quando ancora la corce era accesa, quindi si suppone che il prete abbia fatto la comunione mentre risuonavano le note di un pezzone degli Stones (almeno non era Simpaty for the devil...).
Il primo cadiniano ad affacciarsi alla piazza è titubante, non sa che fare, l'invito a bere un rosso funziona. Il rosso non scioglie la lingua però, e l'indigeno de Caden cadenza una specie di rap per descrivere il paese ripetendo che è un dormitorio. E poi ci sono "quei de là"... "quei de là"? Io penso ad una cosa un po' fantascientifica tipo "lost" dove da una parte ci sono i buoni e dall'altra "gli altri" che non si conoscono però capisci che sono malvagi. Chi sono "quei de là? chiedo, "Quei de là", scopro, sono quelli che abitano al di là della ex statale (adesso c'è un tunnel che passa sotto Caden), quelli che sono venuti a vivere nelle case nuove, costruite dagli anni '80 in poi, e che sono altra cosa rispetto agli abitanti di Caden originari, del centro storico.
Non ce ne rendiamo conto mai abbastanza, di quanto siamo bravi a costruire recinti...

La Cadi? Che fine ha fatto la Cadi?

La Cadi? Che fine ha fatto la Cadi?

Quarta tappa del tour Cadine. Abbiamo la piazza e un gruppo del posto che suona, musica anni ’60 – ‘70. Partiamo da Trento alle sei, siamo in tre, macchina e furgone. Musica a palo.
Arriviamo in piazza a Cadine, chiesa e fontana funzionanti. Manca l’elettricità, ci sono gli alpini. A posto. Operativi, questa sera un toast, un bicchiere di vino e il resto è la tua e la nostra anima.
Torniamo a Trento di corsa a prendere i tavoli e le panche che dobbiamo riconsegnare. A Trento ha piovuto di brutto, a Cadine tiene, c’è il soul.
Si cambia musicista: da Charles Brown a Steve Wonder, le gallerie sono un amplificatore della Madonna: ben vengano le gallerie, a patto che ci siano più megafoni e buona musica.
Scarichiamo le panche e partiamo a richiamare la gente, parte vecchia e nuova del paese.
Sul furgone io parlo Rizzo guida, che emozione. Salutiamo tutti, poi un ragazzino cortesemente ci dice che ci sarebbe anche gente che vuole dormire. Utopia è ironia, vero? Avanti con Stevi.
L’inceneritore non è la soluzione, la soluzione è l’LSD e noi ne siamo pieni. Questa sera a Cadine, quarta tappa del Tour, unisciti alla Band, porta il tuo suono, creiamo la nuova musica. Alle otto e mezza uno scooter con due persone a bordo ci segue, suonano il clacson. Il pifferaio colpisce ancora.
Cercano di comunicarci qualcosa ma non capiamo, rallentiamo: ‘Ma tasi! Tasi! Torna a casa tua! Torna a casa tua!’. Acceleriamo.
Ci affiancano e uno dei due cerca di prendermi il microfono, non ci riesce e tirano dritto. Avranno 17 anni. Ormai siamo alla fontana e sono impaccatissimo, c’è anche mia figlia, con la bici, ha quattro anni e dovrebbe già essere in tel let.
La band di Cadine è composta da genitori di ragazzi che si sono offerti di suonare visto che i figli non potevano, si chiamano Nuove Sensazioni. Così in piazza ci sono due band, noi e loro, e basta.
Cominciano a suonare: Nomadi, Corvi, Battisti, Creams, Adamo e mai questa musica mi è sembrata più ammaliante e liberatoria, in piazza iniziano ad arrivare persone, da una strada e dall’altra, non possono essere tutti parenti. Ci sono coppie che ballano, ragazzi che guardano, ragazzini seduti che fanno gruppo tra loro, non ballano ma sono vicini, una band che serve toast e vino, una che suona e mia figlia che gioca con due bambine. Vorrei che mi spiegassero dove sta l’errore.
Chiedo a qualche residente di dirmi qualcosa dell’anima di Cadine, ma le risposte, almeno tra i presenti, sono scontate ed è inutile riportarle. Certo che se Sopramonte è un dormitorio, se lo è anche Sardagna, Cadine, e magari Vela, Montevaccino e tutti i sobborghi; se il centro storico è una bomboniera; se Trento Nord e Spini e tutto quel che avanza sono aree industriali, direzionali e commerciali…..l’anima, che fine ha fatto l’anima? Il Soul, quello che vola, che circola liberamente per la strada, non quello che passa a testa bassa da un gruppetto chiuso all’altro, da uno schema all’altro.
Se a Sopramonte, Sardagna, Cadine ci sono le piazze e le fontane allora non sono solo dormitori o almeno non lo erano e forse potrebbero non esserlo. Servirebbe una nuova musica, è questo il senso della ricerca musicale, del Progetto Trento Soul Moderno. Ci piacerebbe cercarla, provarla, non è colpa nostra se lo possiamo fare solo in campagna elettorale.
C’è anche la luna, Andrea continua a dire che Apollo balla con Dioniso io continuo a pensare a quei due in scooter. Alle dieci le Nuove Sensazioni smettono di suonare, applausi, avanguardia.
Risistemiamo tutto.
Non so niente di Cadine e neanche mi interessa, non so che fine ha fatto la sua anima, se c’è, se è pronta ad emergere o se è stata venduta, magari non ci tornerò mai più, per circa due ore però mi sono sentito bene, come fossi a casa mia.
Mentre ce ne andiamo e penso a ste robe incontriamo dei ragazzi per la strada, erano passati alla festa, sono belli carichi, ci dicono di accendere il megafono, prendere il microfono e gridare ‘Vaffanculo’. Sinceramente non me la sento di spiegargli dove sta l’errore.
Ringraziamo e buona notte.
Prossima tappa Vela.

martedì 7 aprile 2009

Terza tappa Sardagna

Il furgone parte da Trento che saran le quattro. Tema del giorno: Abbiamo delle Crèpes nel cuore. Merenda in piazza. Siamo in otto e non abbiamo la luce elettrica, in compenso la fontana funziona. Ci accolgono un bambino e una bambina. A terra c’è una bici da trial, è della bambina.
Cominciamo a suonare ai campanelli, i bimbi ci dicono di lasciare perdere, hanno ragione. Cerchiamo in paese. Troviamo degli alpini, ci danno la luce. La loro sede è proprio dietro la fontana. La Band inizia a suonare. C’è un muro naturale, la strada che attraversa il paese. Siamo osservati. Mi avvicino al bar e invito i fumatori, categorici ‘Sardagna è un paese di morti’. Torno alla fontana. Passano molte persone a piedi, chi esce da messa, chi torna dall’escursione in Bondone. Chiedo a una signora di parlarmi dell’anima di Sardagna, le offro una tazza di tè e accetta volentieri. Parliamo a lungo di tutto ciò che c’era e non c’è più: poste, tabaccaio, macelleria, ecc., ‘che per un anziano sa non è semplice’, ‘e no!’. Mi dice che gli uomini si trovano la sera nei circoli, ma sono le donne che non escono, e se ci sono figli o nipoti bene, altrimenti… Sono cinquant’anni che abita a Sardagna e ancora non si sente integrata. Ringrazio, mi volto a guardare la Band e c’è musica, il muro è venuto giù. Ci sono i cugini Ramones dalla Val di Rabbi, tornano da un’escursione in Bondone, sci nautico, hanno il video, tutto vero. P.Nox da Rovereto si unisce alla Band.
Ci sono genitori, bambini, nonni. Un gruppo di ragazzi ci scruta dall’altra parte della strada ma non avanza. Continuo a chiedere del Soul. Mi sento rispondere: ‘guarda mi fermo perché mi chiedi dell’anima, altrimenti non mi sarei fermata’. La domanda è chiara tanto quanto le risposte. Sardagna terra di artisti, cultura, fermento. E la tesi è sostenuta da più persone. Certo, Sardagna è un po’ chiusa, ma se uno vuole integrarsi ci riesce, altrimenti ha dei problemi psicologici. Prendo atto. Mi giro e sono arrivati anche i ragazzi. Mi congedo dalle signore, faccio i complimenti per la nonna di 96 anni che tiene testa a tutti e una voce dalla panchina mi dice: ‘se te la porti via te la regalo e anzi ti do ancora qualcosa’. E’ il genero, fino ad allora in silenzio appena moglie e suocera fanno per andarsene inizia: ‘non c’è più l’anima a Sardagna’. Non c’è energia, uno scrive poesie le presenta ci vanno gli amici e finita lì, chi fa foto la stessa cosa ed è così per tutto. Ognuno in fondo sta nel suo e morta lì. Morto lì il paese. Parliamo dei paesi, bella la fontana. Se è ancora lì è perché lui ha raccolto le firme, in comune la volevano spostare. Bello soprattutto che sia in funzione. E pensare che dopo la raccolta firme hanno chiuso l’acqua, ‘allora io ho attaccato un cartello con scritto: chi beve di quest acqua campa 100 anni e dopo tre giorni hanno riaperto l’acqua.’ Poi mi offre un caffè alla sede degli alpini, nel vicolo dietro la fontana. C’è una piazzetta, che si chiamerebbe Piazza Italia ma che da Trento hanno detto che non si può chiamare così, eppure a Trento piazza Italia non c’è. Dico che si presterebbe per fare feste. Le facevano. Roba di venti anni fa, la festa delle contrade. Non la fanno più. Alla sede degli alpini dietro il bancone c’è appesa una foto di Papa Giovanni Paolo II, dietro la porta un calendario con le donne nude, ‘bisogna pur accontentare tutti’.
Torno su, Rudi ha appena fatto una barchetta galleggiante per i bimbi, la spinta viene da un legnetto-elastici. Visto come è semplice? Più giri l’elastico e più va avanti. A quel punto loro gli fanno vedere dei motoscafi a candela. Accendi la candela e vanno avanti anche per venti minuti.
A posto. Tirati fuori i petardi Mirko e la bambina affondano la zattera di Rudi. Così l’è vecio.
Avevamo delle crépes nel cuore.

Seconda tappa: Sopramonte.

Giovedì sopraluogo: parco pieno di bimbi e mamme, una bellezza.
Andiamo al bar a cercare l’anima per la festa. Paese ricco di iniziative e di gruppi, associazioni. Bene. Vogliamo fare una festa al parco, bisogna andare in circoscrizione.
Chiedete l’autorizzazione in comune, per la luce elettrica chiedete al presidente dello Schitin che hanno una casetta proprio nel parco. Che tenerezza sti vecioti.
Autorizzazione ok, ma non siamo più al parco ma fuori dalla Chiesa, piazzetta Sacro Cuore. Problema luce elettrica. Chiediamo in piazzetta, ci mandano da una ragazza straniera che abita in piazza ma non se la sente, dice di chiamare il proprietario di casa….sempre il presidente dello Schitin, Ski Team mona…
Ci dicono che è ora di smuovere un po’ le acque. Ci portano da un musicista: Trento tarpa le ali, proprio così dice e non sapeva nulla di metafore o progetti o altro. Dice che Sopramonte è in mano a cinque famiglie e che si unirà alla Band. E vai.
Tornati dal Vason la Band sta cucinando nella fontana e mi viene un mezzo collasso. Eppure la fontana era lì da anni, spenta e pure sporca. Hanno chiesto il permesso a delle signore, l’hanno ripulita e ci si sono tuffati. Questa sera dalla fontana usciranno vino e minestrone dionisiaci. Ci attendono grandi cose.
Mancano panche e tavoli: gli alpini le hanno prestate, gli anziani non le hanno, le acli non le hanno, i pompieri le usano però a Cadine ci sono due persone che vi possono aiutare. A Cadine troviamo le panche e i tavoli, ma solo perché ci hanno mandato i pompieri altrimenti ‘no ve le devo no’.
Il furgone gira il paese, il minestrone bolle nella fontana. La Band è in tiro. Alle sei il paese è deserto, nessuno in giro, alle sette anche. Alle sette e mezza iniziano ad arrivare macchine. Siamo pronti. Scendono anziani. Siamo pronti. Siamo a fianco della chiesa e alle otto inizia la messa.
Ci sono un po’ tutti. Noi intanto mangiamo mentre qualcuno si è unito alla Band, musicisti.
Poi l’Ale accende il Soul e la chiesa si svuota. E’ finita la messa. Ci proponiamo in tutti i modi, parliamo a chiunque, il minestrone è ottimo, anche il vino e la coca cola, il nostro suono il vostro suono, venite, venite. Niente da fare. Fontana e piazza sono tutte per noi. Nessuno ci dice niente, aspettiamo inutilmente anche il musicista.
Andiamo addirittura al bar dall’altra parte del paese a zercar zoveni e i ne manca anca de rispetto giustamente.
Non ho niente contro i gruppi, le associazioni, le pastorali, ci sono da fare dei passaggi, farsi accettare e poi un po’ alla volta, la vita nei paesi è così. Una volta quest’anima mi affascinava. Adesso comincio a detestarla, non suona Amore, non porta all’Amore, suona Controllo, isolamento. Muri. Muri. Muri.
Boom sonori ci vogliono, dei Big Bang ci vogliono, una Big Band ci vuole.
Tiriamo su le strazze, ripuliamo e via.
E domani Sardagna. Abbiamo solo un contatto e promette male.

Prima tappa del tour: Vason

Giovedì in tre sono partiti alla volta di Vason, a prendere contatti per la prima tappa del Tour. Viaggio alla ricerca del Grillo del Bondone. Tutti sanno dov’è ma noi non lo troviamo.
Porte e finestre chiuse pressoché ovunque. Due bar aperti, tra un caffè e una birra cominciamo a chiedere del Bondone. Bisognerebbe rifare gli impianti e mettere cavalli nel parco, utilizzando le malghe e i rifugi in modo da incentivare sia il turismo invernale che quello estivo. Magari la funivia da Sopramonte.
In Bondone ci vive chi non vuole casino, la montagna è dura, vivere qui è una scelta, socialità poca.
E comunque, se non sei capace di badare a te stesso, se metti i materassi davanti alle finestre per ripararti dal freddo non puoi andare a predicare in giro. Questo è il trentino bellezza.
Il nostro obiettivo rimane fare una festa. Ci mandano dal Fabrizio, al Bondonero. Gli spieghiamo il progetto, sorride. Salirà la Band, porterà la propria anima e la propria musica, sarà una carovana, furgoni suonanti, musica, cinema. Continua a sorridere.
Sabato mattina gli invasati del Vason partono alle undici da Trento.
In quattro. Due in furgone e due in macchina.
Il Bondone non è un Bidone, è arrivato il Furgone, inizia la nuova Stagione.
Viaggio indimenticabile, salotto blues sparato sul mondo. L’anima viene fuori anche se non vuoi.
Arrivati in Vason ci fanno ripetutamente notare che dove ci siamo fermati col furgone della Band per scaricare gli strumenti non possiamo stare e chiedete a chi vi ha fatto entrare di farvi anche uscire immediatamente.
Al Bondonero, Soul e voce. Clima caldo, accogliente, qualcuno ci riconosce, oggi siamo sul giornale, siamo i sciopadi. Venduto LSD a offerta e anche a due ragazzi che facevano la stagione, sarebbe finita il giorno dopo, non erano entusiasti dell’anima del Bondone.
Qualcuno comunque ha chiesto se la Band sarebbe tornata anche il giorno dopo, ma il giorno dopo il tour ci avrebbe portato in Sardagna.
Al calar del sol lasciamo Vason per Sopramonte.
Scendiamo con una idea chiara in testa: le piste non sono l’unica soluzione, c’è anche LSD.

lunedì 6 aprile 2009

questione di musica

Si parla molto di musica negli ultimi tempi da quando i Bastard Sons of Dioniso hanno conquistato l’Italia televisiva e hanno ri-conquistato il Trentino; da quando l’assessore provinciale alla cultura Panizza ha fatto parlare di sé per il suo impegno a favore di bande e cori e da quando una lista si è affacciata alla campagna elettorale facendo della musica il fondamento della sua discesa in campo.
Musica dunque, ma per chi? E soprattutto dove?

Giovedì scorso alla trasmissione Trentino in diretta di RTTR si è parlato proprio di questo. Ospiti: l’assessore Panizza, i musicisti Cristiano Dalla Pellegrina batterista dei Negrita e Max Scantamburlo che gestisce anche un negozio di strumenti musicali, Alessandro Cocca, nella veste di candidato sindaco, musicista e gestore di un locale in cui si fa musica dal vivo.
La discussione inevitabilmente prende le mosse dal recente successo dei Bastard e fa emergere alcune questioni. Tra queste la scarsità di luoghi in cui giovani band possano esibirsi. Si tratta di un problema sollevato anche dai telespettatori che hanno telefonato durante la trasmissione, invitando Panizza a sostenere quei giovani che, come i Bastard, stentano a trovare spazi per suonare e farsi conoscere.
La soluzione proposta dall’assessore e caldeggiata anche dal batterista è di trovare un posto dedicato, magari polifunzionale con sala prove e spazio per esibirsi, meglio in un’area decentrata per non disturbare, ma controllata affinché non ci siano degenerazioni.
Ecco è proprio questo disegno pianificato di ‘promozione culturale’ e di sostegno ai giovani che forse andrebbe messo in discussione. Innanzitutto viene da chiedersi: ma la musica è solo un fenomeno giovanile o è un elemento vitale, aggregativo, che interessa la città nel suo complesso? Se sì, perché allora voler decentrare la musica? O perché farne un’occasione eccezionale come il concerto degli stessi Bastard a Borgo Valsugana e in piazza Duomo, o quello lo scorso anno di Bob Dylan? Non è forse la città stessa ad aver bisogno di momenti ordinari per rigenerarsi nella vita quotidiana?
In secondo luogo, siamo sicuri che decentrando i giovani e gli ‘incubatori di band’ si promuove la musica e si rende la città più vivibile perché depurata di questo disturbo sonoro? Procedere a suon di restrizioni e multe e spostando sempre più fuori la musica significa ignorare gli esordi e il percorso delle band che, come i Bastard, iniziano la loro carriera in locali sparpagliati tra le valli del Trentino. Il punto dunque è proprio questo: non sono i ‘posti per i giovani’ a mancare, né l’intervento della politica, anzi forse è vero il contrario (v. articolo L’Adige 4 aprile 2009, p. 26). I luoghi per la musica ci sono se non fosse che proprio quella politica che ora tributa ai Bastard grandi meriti, sta ostacolando i locali in cui queste band potrebbero suonare e altrettanti giovani potrebbero incontrarsi (v. lettera al Trentino, 5 aprile e post) .
Certo ciò che è musica per alcuni è rumore per altri. Questo pone un problema di convivenza urbana che non andrebbe eluso spostandolo letteralmente fuori dal centro, ma richiede un confronto tra musicisti, gestori di locali e abitanti. Forse più che i giovani musicisti ad aver bisogno di questi locali, è la città stessa che ha bisogno di loro per non ritrovarsi sempre più vuota e attanagliata dalla paura di uscire perché non c’è nessuno in giro.