venerdì 1 maggio 2009

Piazza Venezia, LA GAIA CITTA’

Da quando è girata la proposta di una serata in Piazza Venezia con titolo ‘la gaia città’, la cosa mi è sempre sembrata una boiata: ‘va bene liberare, sdoganare, riconoscere, ecc., ma cosa vuoi, che vengano a farci lo spettacolino mona?’ Nella band ci si fida dell’energia, se uno la sente gli altri lo aiutano a liberarla; io non la sento, mi metto a disposizione e mi faccio da parte, largo alla ‘gaia città’.
Marco ai primi di aprile la pensava così:
‘Ecco la mia proposta...
titolo: la gaia città
luogo: giardini di piazza Venezia
data: giovedì 30 aprile
tema centrale: il gioco
sottotitolo nascosto: "siamo così diversi da essere tutti uguali?"
in due parole: il parco come luogo di giochi, infantili e "sicuri" con il sole, adulti e "diversi" nel buio della notte, quando i giardini diventano una zona oscura e il confine vegetale diventa un muro immateriale.
più in dettaglio:
Uno degli obiettivi di tutto il progetto è scoprire l'anima dei luoghi e delle persone che li abitano o li utilizzano.
Piazza Venezia, nata come piazza d'armi e luogo idealmente deputato agli esercizi ginnici secondo la logica fascista, ha ereditato idealmente due caratteri opposti: la paura e, nello stesso tempo, la possibilità del gioco.
Nella versione "diurna" del parco potete trovare giochi per bambini, un campo da beach volley, panchine e tavoli, un centro per giocare a tennis, un recinto per i cani.
Nella versione "notturna" invece si svolgono giochi amorosi (pare prevalentemente omosessuali), che generano timore e disapprovazione nella gente. Come conseguenza si circumnaviga il parco piuttosto che attraversarlo (in alcuni casi anche di giorno). La paura viene probabilmente da un lontano mix di oscurità e droga, ma rende il parco uno spazio inutilizzato nel tessuto urbano a ridosso del centro.
La mia idea è quella di proporre un incedere giocoso che, a partire dai giochi dei bambini nel primo pomeriggio, arrivi liberamente ai giochi più adulti della sera (valutando quali possano essere i confini della metafora per non essere denunciati...), passando senza soluzione di continuità attraverso giochi di gruppo in cui l'attività fisica possa riscaldare gli animi per il passaggio successivo.
In tutto questo vorrei coinvolgere la comunità gay trentina, che sembra assolutamente assente dalla sfera pubblica (a parte qualche appariscente eccezione): non all'insegna della diversità, ma piuttosto di quelle passioni che sono comuni con i "normali" (il divertimento, l'amore e il sesso in primis).
Necessario sarà avere il supporto di gruppi che si occupino di sport, fitness, giochi, affinché attraverso il loro esempio si possa creare un'atmosfera aperta alla partecipazione di chi arriva per caso. Il motto potrebbe essere "portatevi il pallone" (o quello che vi piace) e cercate di coinvolgere gli altri a giocare insieme a voi.
E' essenziale non forzare l'organizzazione. Si potrebbe iniziare con qualcosa di rilassante: yoga nel parco con i passanti (chiedendo magari ad una delle palestre della zona) e scacchi sui tavoli nella zona in alto.
Una musica continua ma non invasiva potrebbe scandire la lenta evoluzione della serata. L'ideale colonna sonora sarebbe il Bolero di Ravel: partendo da un incipit innocuo l'intensità aumenta progressivamente fino a raggiungere l'apice in cui tutti gli strumenti convergono verso un'impossibile unisono, interrompendosi un istante prima del limite.
Nella pratica occorrerà una modulazione di generi sonori e di proposte ludiche che non mi è ancora chiara.
Mi piacerebbe però che qualcuno usasse i suoni del parco per comporre dal vivo una musica del luogo in sintonia con ciò che sta accadendo.
Come avrete intuito questa è una chiamata alle armi (per rimanere nel gergo militaresco): chi ci sta? Chi ci mette qualche altra idea?
Fatemi sapere cosa ne pensate e se conoscete qualcuno che potrebbe partecipare all'organizzazione, ma soprattutto: venite!
Marco.’
A fine mese la chiamata alle armi ha sortito i suoi effetti sulla band, c’è entusiasmo oltre a: generatore, palco, bar sui tronchi, giocatori-trici di pallavolo, pittori di visi, essenze, pietre, cristalli e il percorso dell’anima curato da Mara; Mara di Universinversi aveva dato la disponibilità per delle letture ma causa persistente maltempo si è ammalata. Suoneranno quattro gruppi: Milo Brugnara, The Great Shaker dal Garda, i Freewheelings tributo a Bob Dylan e i Fair Play a chiudere la serata, che sono in otto e fanno funk.
C’è anche il sole, sono le cinque e manca solo il salotto che è in piazza Garzetti: ‘va bene, ho capito, vado io, ma tu vieni con me e Daniele e parli al microfono’.
Partiamo con un timido e poco convincente ‘Venite’, poi, stimolato, un po’ alla volta, giusto sotto casa della mamma dove passiamo a prendere il narghilè:’Venite tutti in piazza Venezia questa sera a farvi massaggiare…il pisello…da Enrico. LA GAIA CITTA’.’
Torniamo con divano, tavolino, due poltrone e narghilè. Canta Milo, ci sono facce dipinte e ragazzi che giocano a pallavolo. Ricevo la telefonata del responsabile parchi del comune di Trento, molto cortesemente mi chiede cosa stiamo facendo, che l’autorizzazione è di nove metri quadri e sono arrivate telefonate che parlano di rami rotti, furgoni nel parco e manto erboso rovinato. Spiego che nei nove metri quadri è difficile far stare tutto ciò per cui abbiamo i permessi, che il palco è in un punto in cui non c’è prato, che il furgone del service è passato sopra l’erba ma non sembra che la cosa abbia danneggiato il manto erboso, che in caso ci assumiamo la responsabilità dei danni e che in comune più che di metri quadri ci hanno parlato di ‘buon senso’.
Fare una festa in un parco è un’impresa, la burocrazia e tutto il resto rischiano, qualora superate, di distogliere l’attenzione dallo scopo. A Gocciadoro chiedemmo l’autorizzazione per lettura di poesie, venti metri quadri, poi passammo nell’illegalità, poi tutti dissero bravi, bravissimi.
Si è parlato tanto di Mesiano dello scorso anno ma ciò che non si dice è che la festa più pazza del mondo l’ha organizzata il comune al parco delle Albere, riuscendo a trasformare il concerto di Bob Dylan in una battaglia metropolitana: padri di famiglia che si spintonano, bimbi che dicono ‘dagliele papà’, con la morosa a cercare un riparo dalle bottiglie che arrivavano dappertutto, Dylan che preferisce non guardare e continua a cantare Blowin in the wind, gente che piangeva per la fine di un’era, il sindaco che diceva stupendo.
Che tu sia un gruppo di ragazzi, il comune, la Provincia o chi, con Dioniso non si scherza, non si specula, te la fa pagare, e una volta che hai pagato il problema rimane e il problema non è l’alcol o il manto erboso, ma l’energia, riuscire a darle un volto, un’anima.
Se in questa città ci fosse più buon senso si farebbero più feste nei parchi, si parlerebbe di più, ci sarebbe meno rumore e si farebbe di più all’amore e invece su il telefono e via chiamare, oggi l’erotismo si sublima così. Ho finito grazie.
Tutto gira al meglio, si passa dal giorno alla notte senza soluzione di continuità, i bambini lentamente diventano adulti e hanno ancora il viso truccato, semplicemente diventano sempre di più, tanti, tantissimi e da Bob Dylan, per chiudere la ferita dello scorso anno, si arriva al funk.
Vorrei farmi massaggiare l’anima da Mara ma non riesco neanche ad avvicinarmi, allora fumo fragola e menta in salotto. Qualcuno chiede a una pattuglia che si ferma se vogliono fare un tiro, ‘No grazie siamo in divisa’, ‘Toglietevela’: LA GAIA CITTA’.
La serata è splendida, lo è per tutti, sul palco e sotto chi c’è si diverte, siamo a Trento, ci si diverte e si ride: LA GAIA CITTA’.
Alle dodici e quaranta torna la polizia: ‘Possiamo fare un altro pezzo?’ ‘Va ben dai però breve’.
Ormai è il primo di maggio, ultima data del tour, nessuno sa cosa faremo in piazza d’Arogno, ma siamo tutti carichi e tranquilli.

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