sabato 11 aprile 2009

Sesta tappa, Montevaccino

Venerdì Santo, lutto nazionale, Montevaccino. Peggio di così. Con questa sensazione sono partito per Montevaccino e con questa sensazione sono tornato a casa, cambiando però l’ordine di importanza delle cose.
Montevaccino, un paese lontano, un paese che non sai che c’è e va bene così. I paesi del Bondone sono lontani da Trento, però lo sai. Cognola, Martignano, Villazzano sono attaccati alla città, Tavernaro e Villamontagna si susseguono a breve distanza. Montevaccino è fuori, a Montevaccino non c’è nulla e va bene così. Case, Chiesa e Centro Sociale. Case, parte nuova e antica, la Chiesa e il Centro Sociale. Le case nuove sono venute su come i funghi negli ultimi vent’anni, chi le abita nessuno lo sa. Speriamo che Andreatta non sia veramente il sindaco del mattone, perché qui hanno già costruito abbastanza, ci dice un signore, uno dei pochi che nel pomeriggio raggiungono la nostra postazione.
Ancora una volta siamo tattici: sulla via della Chiesa, davanti al Centro Sociale. E’ venerdì santo, la Chiesa si riempirà, e quando le persone usciranno noi saremo lì ad aspettarle. Fa freddo a Montevaccino. Alle nove la messa finisce. Le persone passano, stupite tanto quanto noi. Se loro pensano ma chi sono questi? Noi ci chiediamo ma dove sono gli altri? E’ venerdì santo, dovrebbero essere tutti in chiesa e invece no. Noi non ci lanciamo a fermare le persone, ci pensa il papà di Giorgio, si fa in quattro e gli amici del posto lo guardano pure male. Abbiamo però l’occasione di parlare a lungo con una persona sui quarant’anni, direttore del coro, di più cori e tra gli animatori del Centro Sociale. A Montevaccino non c’è il bar, tanto a cos’è che serve? A bere birra? Il fatto che a Montevaccino non ci sia nulla, che sia un luogo terminale è la sua salvezza, prova a metterti a parlare sulla strada principale di Cognola. Il Centro Sociale ha una biblioteca che viene autogestita, e i vari gruppi del paese si incontrano lì, feste se ne fanno regolarmente, il coro dei giovani è composto da 26 ragazzi e tutti quelli laureati sono usciti con 110 e lode, tranne uno che ha preso 109 perché non c’era un commissario. Voi sbagliate perché prendete la politica come un gioco e alla fine sulle poltrone si siedono sempre quelli. Bisogna anche essere capaci di fare sacrifici nella vita. Certo le cose sono cambiate, se ti serve un litro di olio o del pane non lo chiedi al vicino, scendi a Martignano o ne fai a meno, ma questi cambiamenti ci sono ovunque, è la società. Se proprio dobbiamo dircelo c’è una separazione tra le ‘zocche’ e i nuovi arrivati. Quelli non sai neanche chi sono, e scopri a Trento che abitano a Montevaccino, del resto qui la gente esce la mattina e torna la sera. Assieme al signore ci sono dei ragazzi, fanno parte del coro ma non partecipano alla conversazione.
Vado da Andrea: ‘Andrea a Montevaccino c’è l’anima’ c’è questo, quello, quell’altro e il coro di giovani; ‘Guarda che qui la gente a vent’anni strippa.’ Ad ogni modo, a parte noi, strippati a Montevaccino per la strada non ne abbiamo visti e come direbbe la sociologia: se non li vedi vuol dire che non ci sono.
Meglio tornare a casa, alla svelta.
Domani Martignano.

Montevaccino 1&2

Prima parte
Montesi, così si chiamano le 450 persone circa che vivono, o meglio hanno casa a Montevaccino. Sono incuriosita dalla tappa del tour di ieri prevista per la sera. Appena alzata mi tuffo su internet a cercare qualche notizia. Mi perdo tra le mappe per trovare questa parte della mia città che non ho mai visitato. So che esiste perché uso spesso i mezzi pubblici e so che il 10 fa capolinea a Montevaccino. 
Navigando nella rete trovo un sito dedicato a quello che, formalmente, è un quartiere di Trento. Scopro che c'è qualche attività in corso; insomma, non sembra essere solo una manciata di case che un gigante sembra aver lanciato sulla parte più soleggiata della montagna. Un'associazione sportiva, gli alpini, balli di gruppo e splendide fotografie. È quasi ora di pranzo e mi dico: “Perché non pranzare a Montevaccino?” Da internet scopro anche la presenza di un castello abbandonato. Parto, con Luciano che conosce la strada, ma che come me non ha idea di cosa incontrerà. Dopo 20 minuti di curve e tornanti sulla destra vediamo un ristorante /pizzeria. Sembra chiuso. Ma cosa importa! ci sarà un agriturismo o un bar dove mangiare un panino! Ci accoglie la deliziosa chiesetta. Parcheggiamo al capolinea del 10, uno slargo trasformato in piccola piazzetta dove campeggiano anche i cartelloni della campagna elettorale. Ecco il tour ed ecco che accanto la data di oggi c'è la scritta MONTEVACCINO. Ho letto su internet che fino a poco tempo fa nel cimitero erano sepolte persone che portavano solo quattro cognomi. Ora la varietà è aumentata e il grazioso cimitero accanto alla chiesa sembra raccontare la storia di un piccolo paesino dove la vita scorre tranquilla e le lapidi sussurrano semplicemente la vita degli anziani. Tutto è in fiore, rossi tulipani e narcisi giallo oro colorano i giardini di case bellissime e nuove o di recente ristrutturazione. Per chi come me è cresciuto in una grigia metropoli della pianura padana, questo sembra essere un piccolo paradiso. In un giardino c'è una festa di compleanno. Bambini di una decina d'anni giocano, urlano inseguendo un pallone. I giovani ci sono. Anche a giudicare dalle auto sportive parcheggiate. Comincio ad avere fame e iniziamo a cercare un posto per mangiare. Ci avventuriamo per tutte le vie laterali alla strada principale che poco dopo la piazzetta si trasforma in strada sterrata. Nessun bar, nessun agriturismo. Non ci pensiamo molto: “Forse dietro quella saracinesca abbassata c'è un locale che è chiuso per le festività pasquali!” - pensiamo. Ma anche se la fame è tanta, voglio ancora trovare il castello di Montevaccino. Mi guardo intorno e scorgo i merli di una delle due torri. Poi ricordo: il castello si trova nella parte vecchia, a Montevaccino di sotto. Dalla chiesa parte una stradina ben tenuta che circonda il parco giochi, una terrazza proprio di fronte al sagrato: aiuole colorate, altalene scivoli una rete da calcio e da pallavolo. Scendiamo e poco dopo la strada diventa abbandonata, materiali inerti ed erbacce prendono il posto dell'ordinato porfido e poi ...eccolo! Il castello. Decadente, abbandonato sul ciglio della montagna con i sui due torrioni. Attorno ad alcune finestre si intravedono le decorazioni rosse che ne circondavano i profili; accanto grondaie improvvisate e toppe di malta. Le pietre si stanno sgretolando e gli alberi che lo circondano, cresciuti senza alcuna guida, sono selvaggiamente fioriti. Passo sotto un arco, trovo una fontana e accanto, altre case recentemente ristrutturate o ancora in piena manutenzione. Non saranno più di cinque. L'acqua scorre nella fontana. Il sole caldo del primo pomeriggio proietta solide ombre sul terreno abbandonato. Sono troppo affascinata per chiedermi cosa è successo e la meraviglia è tanta che non riesco ad immaginare una storia. Questa sera chiederò a qualcuno del posto che mi racconterà...

Seconda parte
In serata dopo qualche telefonata incontro un ragazzo del posto Giorgio che ci porta con suo padre Guido da una dei responsabili del centro civico. Poco oltre la piazza, le vecchie scuole elementari sono diventare il centro dove i coristi si esercitano, si ritrovano gli alpini, la biblioteca apre qualche pomeriggio a settimana. Anche il medico del paese ha lì il suo studio. Chissà se abita anche lui a Montevaccino oppure è il solo che viene a lavorare qui! Ci raccontano di un paese in cui ci si riunisce attorno ad eventi religiosi e in cui regna la tranquillità. Non c'è un bar. Ne una bottega. Quando il paese aveva solo 200 anime c'erano due bar, dove tutti si incontravano dopo il lavoro nei campi, boschi e di rientro dalla città. Ora che il paese è di 450 anime circa non c'è neanche un posto per comprare il pane. L'ultima bottega ha chiuso 15 anni fa. È un dormitorio. Di lusso , ma un dormitorio. Eppure in quelle villette tra i glicini e le serre che custodiscono le verdure anche per l'inverno, tra le siepi rigorosamente potate, non c'è solo chi torna stanco da lavoro e aspetta il giorno dopo per tornare in città. Ci raccontano di gente che fa musica e canta nei cori. Quest'inverno il coro di Montevaccino ha spopolato per tutto il trentino durante le vacanze natalizie. Ma dove sono? Veniamo accolti in casa dalla signora Luigia che ci da la possibilità di utilizzare la corrente elettrica per lo spettacolo della serata davanti al centro civico. Un po' di musica, qualcosa da bere e da mangiare per fare due chiacchiere e trovare i suoni di Montevaccino. “C'è la funzione religiosa, quindi fino alle 21.30, quando usciranno, non vedrete nessuno”. Poi la signora Annamaria ci accoglie in casa e ci fa vedere dove realizza i suoi splendidi lavori che orgoglioso il marito mi ha mostrato appesi ai muri del salotto della signora Luigia. Lavora in una stanzetta di non più di tre metri quadri e lì realizza con un impasto naturale dei quadri che non oso descrivere. Quei fiori che vediamo nei giardini di monte vaccino sono lì nei suoi quadri. Sembra di sentire il profumo dei glicini mossi dal vento, l'aroma della torta preparata dalla nonna. Ci racconta del suo lavoro con una passione ed allegria che non posso che invidiarle. Dopo un po' di titubanza dice che verrà a vedere che facciamo dopo cena.
Arrivano i rinforzi ecco la band. Tavoli microfoni chitarre da bere e da magiare. È la quinta tappa e ogni volta c'è qualcuno di nuovo che si unisce... timidamente la band si sta allargando.
Il nostro intrattenitore musicale – Pierre detto Ray- propone dei suoi pezzi tra cui “Ragazzo trentino”. Non abbiamo dubbi tra qualche settimana tutti l'avranno nelle orecchie! Fa freddo, non c'è moltissima gente, ma qualche gruppetto dopo la funzione si ferma ad ascoltare e a chiacchierare. Un po' distanti, certo, ci avevano detto che a Montevaccino sono dei duri. E poi, sulle note di una canzone su due ciclisti, sfrecciano davanti a noi due intrepidi cicloamatori che armati di lampade frontali scendono dal Calisio. Ecco il segno! Il cantante non può credere ai suoi occhi e neanche io. La temperatura è terribilmente bassa, solo la forza di volontà e il calore delle poche persone che ci hanno raggiunto ci tiene lì. Pierre detto Ray che suona e canta ha le mani gelate, ma ripropone subito il brano in onore dei due ciclisti che hanno accettato il nostro invito per una pausa.
C'è qualcuno che dice che il paese è tranquillo non c'è nulla ed è per questo che l'hanno scelto. Chi vive qua da un po' rimpiange il piccolo bar e la bottega. Ma tutti sentono che “qualche problema di socialità c'è”.
Ecco un'altra sorpresa. Alcuni ragazzi si avvicinano su invito del signor Guido e tra loro un musicista. Chiacchieriamo con lui e i suoi amici e scopriamo che studia al conservatorio ed ha anche un gruppo. Gli offriamo una delle nostre tappe per la loro musica fuori dalle case nelle altre piazze della città. Speriamo che accetti, c'è bisogno di musica nella nostra città!
Il castello non è un castello. E' una villa abbandonata da un proprietario che non se ne cura. Peccato! Non sembra abbia alle spalle qualche storia misteriosa o affascinante. Per un periodo sembra sia stata abitata da due artisti che poi sono andati via. La bellissima Montevaccino custodisce alcune anime vivaci che faticano a sbocciare per le strade oltre i giardini privati.
Scendiamo infreddoliti dal Calisio. Grazie a tutti quelli che hanno voluto dividere qualche ora del loro tempo con noi e speriamo che a qualcuno torni la voglia di avere un locale dove guardare insieme la partita, mangiare un gelato e fare quelle chiacchiere e suoni che rendono viva e felice la comunità.

giovedì 9 aprile 2009

Barzellette alla Vela

Quarta tappa del Tour, la Vela. Arriviamo alle cinque del pomeriggio. Lo spazio a nostra disposizione è nel parcheggio di fronte alla Chiesa. Solito problema elettricità. Proviamo a suonare alla casa a noi più vicina. Esce un signore alto, sui quarant anni. Spieghiamo la cosa e fa per rientrare in casa, lo fermo e gli chiedo se al di là di tutto gli diamo fastidio e lui risponde di no, a patto che ciò che facciamo sia in regola. Lo è.
La corrente ce la dà il gestore dell’albergo Vela. 
Alla band già dal pomeriggio si unirà una band hip hop, io torno a prendere tavoli, panche e locandine.
Al rientro tutto è si fa surreale.
Ci dobbiamo spostare, il signore alto ha chiamato i vigili, non possiamo stargli sotto casa, dobbiamo andare trenta metri più in là. Se prima le casse erano orientate verso la Chiesa adesso le dobbiamo orientare proprio di fronte a casa sua. Se prima potevamo usare la corrente del bar adesso dobbiamo ricorrere ai generatori. 
Chiediamo al parroco: ‘mi ve la dago la corent, ma se fe casin ve la stacco, se litighé ve la stacco, se non me pias la musica ve la stacco, se sonè quand che ghè la messa ve la stacco.’ Ci stacchiamo dal parroco. 
L’albergo ha delle stanze anche dietro a dove ci hanno messi e di nuovo ci prestano la corrente.
Sopra di noi abita un elettore di Cocca, scende a dargli il benvenuto: ‘Guarda ti ho visto in Tv, pensavo di votarti, ma adesso che vieni qui sotto casa mia a fare musica sono costretto a cambiare idea. Veramente, non si può. E che musica è che fate?’ ‘Hip Hop’ ‘Oddio ecco siamo rovinati. Cercate di capire siamo io e mia madre non rompete tutto. Non fateci del male.’
Io e l’Ale proviamo a fare un discorso che spieghi la cosa, demenziale. 
Alle nove siamo pronti, le band sono al completo.
Arrivano due mamme: ‘Veniamo a vedere cosa date ai nostri figli’ ‘LSD’ ‘A bene allora gli diciamo di venire.’
Parte l’hip hop e quattro ragazzi col cappuccio si mettono a fare politica, musica e politica, musica è politica, in un parcheggio alla Vela. Ne hanno per tutto e per tutti: per Trento, per la Vela e per le vele, per chi si vende, per chi non lotta, prendono in giro i loro idoli, ricordano il terremoto, salutano il parroco, free style. La Band dice Biooooo.
L’energia sale, nel parcheggio iniziano ad arrivare ragazzi e carabinieri, 1,2,3 volanti. 
‘Chi è responsabile qui?’ ‘Cocca!’ ‘E cosa state facendo?’ ‘Un comizio concerto, siamo una lista, andiamo alle elezioni’ ‘E avete diritto all’occupazione di suolo pubblico?’ ‘Sì’ ‘E potete somministrare cibi e bevande?’ ‘Sì’, ‘Anche alcoliche?’, ‘Sì’ ‘Suonare dal vivo’ ‘Sì’ ‘E fino a che ora?’ ‘Mezzanotte, per trenta giorni, tutti giorni.’ ‘Dovevate invitar, avvertire la questura. Qui ci sono dei problemi di ordine pubblico. Il traffico deve circolare.’ Tutti vediamo una macchina che non riesce ad uscire dal parcheggio. ‘La volante! Metti giù quel telefono e sposta la volante. La volante! Sposta la volante! Dicevamo, l’ordine pubblico. Voi dovete invitar, avvertire la questura. Perché se no poi i merit, le responsabilità ricadono tutte su di voi.’ ‘Scusi ma un negozio del centro con la vetrina e la gente che si ferma davanti...’ ‘Quella è zona a traffico limitato, non ha questi problemi. Per quanti metri avete l’occupazione di suolo pubblico’ ‘Nove metri quadri’ ‘Tutte le persone che qui avete radunato, noi compresi, dovrebbero stare all’interno dei nove metri quadri, tutti stretti stretti.’ Interviene il Bolla della Band, si batte tre volte il pugno sul petto fa il gesto e dice ‘Ho perfettamente capito dove vuoi arrivare e sono d’accordissimo con te fratello.’ Non capisco, riprendo la parola ‘Scusi ma voi andate anche agli altri comizi?’ ‘No’ ‘Allora perché tutte queste storie?’ ‘Vogliamo unirci alla band! Everybody need somebody to love. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno da amare. Voi, loro, e anche noi.’ ‘Ci fate mettere i megafoni sulla volante?’ ‘Certamente.’ ‘E il lampeggiante?’ ‘Fucsia!’ ‘Affare fatto’ ‘Dai ragazzo alza il volume’ e ripartono canticchiando Bioo! Bioo! Bioo!’ 
Le cose sono andate così e se alle prossime tappe del tour ci sarà una volante dei carabinieri è perché si sono uniti alla Band. 
Per la prima volta il Progetto Trento Soul Moderno ha messo in pratica la normativa per cui è nato, e funziona. Finalmente tutelati e non puniti nell’espressione del proprio pensiero. Penso al caso in cui le cose fossero andate o andassero diversamente, se qualcuno avesse impedito a quel ragazzo che si chiama Santiago di dire quel che pensa. Un possibile ricorso, il rinvio delle elezioni. Una, due, tre, quattro settimane, un anno. Utopia è ironia. Il prossimo Concilio di Trento dedicato all’anarchia.
Dopo domani Monte Vaccino, domani le comiche ad attaccare i manifesti con Bazzotto.

noi siamo piazzisti

A chi non ha capito ancora bene chi siamo e che cosa vogliamo, diciamo: VIENI!



Vieni nelle piazze del tour, vieni a osservare, vieni a parlare, vieni a domandare, vieni ad ascoltare, vieni a pensare, vieni a suonare, vieni a criticare, vieni a dubitare, vieni a recitare. Inosomma, vieni a fare quello che ti pare, ma vieni!!

dove saremo:

Venerdì 10: Montevaccino. Dalle 17.00 a quando si va a dormire a Montevaccino. Se a qualcuno va di suonare, ce lo faccia sapere.

Sabato 11: Martignano, di giorno e di sera

Domenica 12: Cognola, durante il giorno e anche di sera

mercoledì 8 aprile 2009

Quei de là

A Cadine la croce che sta sopra la facciata della chiesa ha un funzione ben precisa. Oltre a certificare che quella è la casa del Signore, dice anche se dentro la casa è attiva una funzione religiosa (croce accesa) o se dentro non c'è messa (croce spenta). Potevamo anche arrivarci, e invece le Nuove Sensazioni hanno attaccato con la musica quando ancora la corce era accesa, quindi si suppone che il prete abbia fatto la comunione mentre risuonavano le note di un pezzone degli Stones (almeno non era Simpaty for the devil...).
Il primo cadiniano ad affacciarsi alla piazza è titubante, non sa che fare, l'invito a bere un rosso funziona. Il rosso non scioglie la lingua però, e l'indigeno de Caden cadenza una specie di rap per descrivere il paese ripetendo che è un dormitorio. E poi ci sono "quei de là"... "quei de là"? Io penso ad una cosa un po' fantascientifica tipo "lost" dove da una parte ci sono i buoni e dall'altra "gli altri" che non si conoscono però capisci che sono malvagi. Chi sono "quei de là? chiedo, "Quei de là", scopro, sono quelli che abitano al di là della ex statale (adesso c'è un tunnel che passa sotto Caden), quelli che sono venuti a vivere nelle case nuove, costruite dagli anni '80 in poi, e che sono altra cosa rispetto agli abitanti di Caden originari, del centro storico.
Non ce ne rendiamo conto mai abbastanza, di quanto siamo bravi a costruire recinti...

La Cadi? Che fine ha fatto la Cadi?

La Cadi? Che fine ha fatto la Cadi?

Quarta tappa del tour Cadine. Abbiamo la piazza e un gruppo del posto che suona, musica anni ’60 – ‘70. Partiamo da Trento alle sei, siamo in tre, macchina e furgone. Musica a palo.
Arriviamo in piazza a Cadine, chiesa e fontana funzionanti. Manca l’elettricità, ci sono gli alpini. A posto. Operativi, questa sera un toast, un bicchiere di vino e il resto è la tua e la nostra anima.
Torniamo a Trento di corsa a prendere i tavoli e le panche che dobbiamo riconsegnare. A Trento ha piovuto di brutto, a Cadine tiene, c’è il soul.
Si cambia musicista: da Charles Brown a Steve Wonder, le gallerie sono un amplificatore della Madonna: ben vengano le gallerie, a patto che ci siano più megafoni e buona musica.
Scarichiamo le panche e partiamo a richiamare la gente, parte vecchia e nuova del paese.
Sul furgone io parlo Rizzo guida, che emozione. Salutiamo tutti, poi un ragazzino cortesemente ci dice che ci sarebbe anche gente che vuole dormire. Utopia è ironia, vero? Avanti con Stevi.
L’inceneritore non è la soluzione, la soluzione è l’LSD e noi ne siamo pieni. Questa sera a Cadine, quarta tappa del Tour, unisciti alla Band, porta il tuo suono, creiamo la nuova musica. Alle otto e mezza uno scooter con due persone a bordo ci segue, suonano il clacson. Il pifferaio colpisce ancora.
Cercano di comunicarci qualcosa ma non capiamo, rallentiamo: ‘Ma tasi! Tasi! Torna a casa tua! Torna a casa tua!’. Acceleriamo.
Ci affiancano e uno dei due cerca di prendermi il microfono, non ci riesce e tirano dritto. Avranno 17 anni. Ormai siamo alla fontana e sono impaccatissimo, c’è anche mia figlia, con la bici, ha quattro anni e dovrebbe già essere in tel let.
La band di Cadine è composta da genitori di ragazzi che si sono offerti di suonare visto che i figli non potevano, si chiamano Nuove Sensazioni. Così in piazza ci sono due band, noi e loro, e basta.
Cominciano a suonare: Nomadi, Corvi, Battisti, Creams, Adamo e mai questa musica mi è sembrata più ammaliante e liberatoria, in piazza iniziano ad arrivare persone, da una strada e dall’altra, non possono essere tutti parenti. Ci sono coppie che ballano, ragazzi che guardano, ragazzini seduti che fanno gruppo tra loro, non ballano ma sono vicini, una band che serve toast e vino, una che suona e mia figlia che gioca con due bambine. Vorrei che mi spiegassero dove sta l’errore.
Chiedo a qualche residente di dirmi qualcosa dell’anima di Cadine, ma le risposte, almeno tra i presenti, sono scontate ed è inutile riportarle. Certo che se Sopramonte è un dormitorio, se lo è anche Sardagna, Cadine, e magari Vela, Montevaccino e tutti i sobborghi; se il centro storico è una bomboniera; se Trento Nord e Spini e tutto quel che avanza sono aree industriali, direzionali e commerciali…..l’anima, che fine ha fatto l’anima? Il Soul, quello che vola, che circola liberamente per la strada, non quello che passa a testa bassa da un gruppetto chiuso all’altro, da uno schema all’altro.
Se a Sopramonte, Sardagna, Cadine ci sono le piazze e le fontane allora non sono solo dormitori o almeno non lo erano e forse potrebbero non esserlo. Servirebbe una nuova musica, è questo il senso della ricerca musicale, del Progetto Trento Soul Moderno. Ci piacerebbe cercarla, provarla, non è colpa nostra se lo possiamo fare solo in campagna elettorale.
C’è anche la luna, Andrea continua a dire che Apollo balla con Dioniso io continuo a pensare a quei due in scooter. Alle dieci le Nuove Sensazioni smettono di suonare, applausi, avanguardia.
Risistemiamo tutto.
Non so niente di Cadine e neanche mi interessa, non so che fine ha fatto la sua anima, se c’è, se è pronta ad emergere o se è stata venduta, magari non ci tornerò mai più, per circa due ore però mi sono sentito bene, come fossi a casa mia.
Mentre ce ne andiamo e penso a ste robe incontriamo dei ragazzi per la strada, erano passati alla festa, sono belli carichi, ci dicono di accendere il megafono, prendere il microfono e gridare ‘Vaffanculo’. Sinceramente non me la sento di spiegargli dove sta l’errore.
Ringraziamo e buona notte.
Prossima tappa Vela.

martedì 7 aprile 2009

Terza tappa Sardagna

Il furgone parte da Trento che saran le quattro. Tema del giorno: Abbiamo delle Crèpes nel cuore. Merenda in piazza. Siamo in otto e non abbiamo la luce elettrica, in compenso la fontana funziona. Ci accolgono un bambino e una bambina. A terra c’è una bici da trial, è della bambina.
Cominciamo a suonare ai campanelli, i bimbi ci dicono di lasciare perdere, hanno ragione. Cerchiamo in paese. Troviamo degli alpini, ci danno la luce. La loro sede è proprio dietro la fontana. La Band inizia a suonare. C’è un muro naturale, la strada che attraversa il paese. Siamo osservati. Mi avvicino al bar e invito i fumatori, categorici ‘Sardagna è un paese di morti’. Torno alla fontana. Passano molte persone a piedi, chi esce da messa, chi torna dall’escursione in Bondone. Chiedo a una signora di parlarmi dell’anima di Sardagna, le offro una tazza di tè e accetta volentieri. Parliamo a lungo di tutto ciò che c’era e non c’è più: poste, tabaccaio, macelleria, ecc., ‘che per un anziano sa non è semplice’, ‘e no!’. Mi dice che gli uomini si trovano la sera nei circoli, ma sono le donne che non escono, e se ci sono figli o nipoti bene, altrimenti… Sono cinquant’anni che abita a Sardagna e ancora non si sente integrata. Ringrazio, mi volto a guardare la Band e c’è musica, il muro è venuto giù. Ci sono i cugini Ramones dalla Val di Rabbi, tornano da un’escursione in Bondone, sci nautico, hanno il video, tutto vero. P.Nox da Rovereto si unisce alla Band.
Ci sono genitori, bambini, nonni. Un gruppo di ragazzi ci scruta dall’altra parte della strada ma non avanza. Continuo a chiedere del Soul. Mi sento rispondere: ‘guarda mi fermo perché mi chiedi dell’anima, altrimenti non mi sarei fermata’. La domanda è chiara tanto quanto le risposte. Sardagna terra di artisti, cultura, fermento. E la tesi è sostenuta da più persone. Certo, Sardagna è un po’ chiusa, ma se uno vuole integrarsi ci riesce, altrimenti ha dei problemi psicologici. Prendo atto. Mi giro e sono arrivati anche i ragazzi. Mi congedo dalle signore, faccio i complimenti per la nonna di 96 anni che tiene testa a tutti e una voce dalla panchina mi dice: ‘se te la porti via te la regalo e anzi ti do ancora qualcosa’. E’ il genero, fino ad allora in silenzio appena moglie e suocera fanno per andarsene inizia: ‘non c’è più l’anima a Sardagna’. Non c’è energia, uno scrive poesie le presenta ci vanno gli amici e finita lì, chi fa foto la stessa cosa ed è così per tutto. Ognuno in fondo sta nel suo e morta lì. Morto lì il paese. Parliamo dei paesi, bella la fontana. Se è ancora lì è perché lui ha raccolto le firme, in comune la volevano spostare. Bello soprattutto che sia in funzione. E pensare che dopo la raccolta firme hanno chiuso l’acqua, ‘allora io ho attaccato un cartello con scritto: chi beve di quest acqua campa 100 anni e dopo tre giorni hanno riaperto l’acqua.’ Poi mi offre un caffè alla sede degli alpini, nel vicolo dietro la fontana. C’è una piazzetta, che si chiamerebbe Piazza Italia ma che da Trento hanno detto che non si può chiamare così, eppure a Trento piazza Italia non c’è. Dico che si presterebbe per fare feste. Le facevano. Roba di venti anni fa, la festa delle contrade. Non la fanno più. Alla sede degli alpini dietro il bancone c’è appesa una foto di Papa Giovanni Paolo II, dietro la porta un calendario con le donne nude, ‘bisogna pur accontentare tutti’.
Torno su, Rudi ha appena fatto una barchetta galleggiante per i bimbi, la spinta viene da un legnetto-elastici. Visto come è semplice? Più giri l’elastico e più va avanti. A quel punto loro gli fanno vedere dei motoscafi a candela. Accendi la candela e vanno avanti anche per venti minuti.
A posto. Tirati fuori i petardi Mirko e la bambina affondano la zattera di Rudi. Così l’è vecio.
Avevamo delle crépes nel cuore.

Seconda tappa: Sopramonte.

Giovedì sopraluogo: parco pieno di bimbi e mamme, una bellezza.
Andiamo al bar a cercare l’anima per la festa. Paese ricco di iniziative e di gruppi, associazioni. Bene. Vogliamo fare una festa al parco, bisogna andare in circoscrizione.
Chiedete l’autorizzazione in comune, per la luce elettrica chiedete al presidente dello Schitin che hanno una casetta proprio nel parco. Che tenerezza sti vecioti.
Autorizzazione ok, ma non siamo più al parco ma fuori dalla Chiesa, piazzetta Sacro Cuore. Problema luce elettrica. Chiediamo in piazzetta, ci mandano da una ragazza straniera che abita in piazza ma non se la sente, dice di chiamare il proprietario di casa….sempre il presidente dello Schitin, Ski Team mona…
Ci dicono che è ora di smuovere un po’ le acque. Ci portano da un musicista: Trento tarpa le ali, proprio così dice e non sapeva nulla di metafore o progetti o altro. Dice che Sopramonte è in mano a cinque famiglie e che si unirà alla Band. E vai.
Tornati dal Vason la Band sta cucinando nella fontana e mi viene un mezzo collasso. Eppure la fontana era lì da anni, spenta e pure sporca. Hanno chiesto il permesso a delle signore, l’hanno ripulita e ci si sono tuffati. Questa sera dalla fontana usciranno vino e minestrone dionisiaci. Ci attendono grandi cose.
Mancano panche e tavoli: gli alpini le hanno prestate, gli anziani non le hanno, le acli non le hanno, i pompieri le usano però a Cadine ci sono due persone che vi possono aiutare. A Cadine troviamo le panche e i tavoli, ma solo perché ci hanno mandato i pompieri altrimenti ‘no ve le devo no’.
Il furgone gira il paese, il minestrone bolle nella fontana. La Band è in tiro. Alle sei il paese è deserto, nessuno in giro, alle sette anche. Alle sette e mezza iniziano ad arrivare macchine. Siamo pronti. Scendono anziani. Siamo pronti. Siamo a fianco della chiesa e alle otto inizia la messa.
Ci sono un po’ tutti. Noi intanto mangiamo mentre qualcuno si è unito alla Band, musicisti.
Poi l’Ale accende il Soul e la chiesa si svuota. E’ finita la messa. Ci proponiamo in tutti i modi, parliamo a chiunque, il minestrone è ottimo, anche il vino e la coca cola, il nostro suono il vostro suono, venite, venite. Niente da fare. Fontana e piazza sono tutte per noi. Nessuno ci dice niente, aspettiamo inutilmente anche il musicista.
Andiamo addirittura al bar dall’altra parte del paese a zercar zoveni e i ne manca anca de rispetto giustamente.
Non ho niente contro i gruppi, le associazioni, le pastorali, ci sono da fare dei passaggi, farsi accettare e poi un po’ alla volta, la vita nei paesi è così. Una volta quest’anima mi affascinava. Adesso comincio a detestarla, non suona Amore, non porta all’Amore, suona Controllo, isolamento. Muri. Muri. Muri.
Boom sonori ci vogliono, dei Big Bang ci vogliono, una Big Band ci vuole.
Tiriamo su le strazze, ripuliamo e via.
E domani Sardagna. Abbiamo solo un contatto e promette male.

Prima tappa del tour: Vason

Giovedì in tre sono partiti alla volta di Vason, a prendere contatti per la prima tappa del Tour. Viaggio alla ricerca del Grillo del Bondone. Tutti sanno dov’è ma noi non lo troviamo.
Porte e finestre chiuse pressoché ovunque. Due bar aperti, tra un caffè e una birra cominciamo a chiedere del Bondone. Bisognerebbe rifare gli impianti e mettere cavalli nel parco, utilizzando le malghe e i rifugi in modo da incentivare sia il turismo invernale che quello estivo. Magari la funivia da Sopramonte.
In Bondone ci vive chi non vuole casino, la montagna è dura, vivere qui è una scelta, socialità poca.
E comunque, se non sei capace di badare a te stesso, se metti i materassi davanti alle finestre per ripararti dal freddo non puoi andare a predicare in giro. Questo è il trentino bellezza.
Il nostro obiettivo rimane fare una festa. Ci mandano dal Fabrizio, al Bondonero. Gli spieghiamo il progetto, sorride. Salirà la Band, porterà la propria anima e la propria musica, sarà una carovana, furgoni suonanti, musica, cinema. Continua a sorridere.
Sabato mattina gli invasati del Vason partono alle undici da Trento.
In quattro. Due in furgone e due in macchina.
Il Bondone non è un Bidone, è arrivato il Furgone, inizia la nuova Stagione.
Viaggio indimenticabile, salotto blues sparato sul mondo. L’anima viene fuori anche se non vuoi.
Arrivati in Vason ci fanno ripetutamente notare che dove ci siamo fermati col furgone della Band per scaricare gli strumenti non possiamo stare e chiedete a chi vi ha fatto entrare di farvi anche uscire immediatamente.
Al Bondonero, Soul e voce. Clima caldo, accogliente, qualcuno ci riconosce, oggi siamo sul giornale, siamo i sciopadi. Venduto LSD a offerta e anche a due ragazzi che facevano la stagione, sarebbe finita il giorno dopo, non erano entusiasti dell’anima del Bondone.
Qualcuno comunque ha chiesto se la Band sarebbe tornata anche il giorno dopo, ma il giorno dopo il tour ci avrebbe portato in Sardagna.
Al calar del sol lasciamo Vason per Sopramonte.
Scendiamo con una idea chiara in testa: le piste non sono l’unica soluzione, c’è anche LSD.

lunedì 6 aprile 2009

questione di musica

Si parla molto di musica negli ultimi tempi da quando i Bastard Sons of Dioniso hanno conquistato l’Italia televisiva e hanno ri-conquistato il Trentino; da quando l’assessore provinciale alla cultura Panizza ha fatto parlare di sé per il suo impegno a favore di bande e cori e da quando una lista si è affacciata alla campagna elettorale facendo della musica il fondamento della sua discesa in campo.
Musica dunque, ma per chi? E soprattutto dove?

Giovedì scorso alla trasmissione Trentino in diretta di RTTR si è parlato proprio di questo. Ospiti: l’assessore Panizza, i musicisti Cristiano Dalla Pellegrina batterista dei Negrita e Max Scantamburlo che gestisce anche un negozio di strumenti musicali, Alessandro Cocca, nella veste di candidato sindaco, musicista e gestore di un locale in cui si fa musica dal vivo.
La discussione inevitabilmente prende le mosse dal recente successo dei Bastard e fa emergere alcune questioni. Tra queste la scarsità di luoghi in cui giovani band possano esibirsi. Si tratta di un problema sollevato anche dai telespettatori che hanno telefonato durante la trasmissione, invitando Panizza a sostenere quei giovani che, come i Bastard, stentano a trovare spazi per suonare e farsi conoscere.
La soluzione proposta dall’assessore e caldeggiata anche dal batterista è di trovare un posto dedicato, magari polifunzionale con sala prove e spazio per esibirsi, meglio in un’area decentrata per non disturbare, ma controllata affinché non ci siano degenerazioni.
Ecco è proprio questo disegno pianificato di ‘promozione culturale’ e di sostegno ai giovani che forse andrebbe messo in discussione. Innanzitutto viene da chiedersi: ma la musica è solo un fenomeno giovanile o è un elemento vitale, aggregativo, che interessa la città nel suo complesso? Se sì, perché allora voler decentrare la musica? O perché farne un’occasione eccezionale come il concerto degli stessi Bastard a Borgo Valsugana e in piazza Duomo, o quello lo scorso anno di Bob Dylan? Non è forse la città stessa ad aver bisogno di momenti ordinari per rigenerarsi nella vita quotidiana?
In secondo luogo, siamo sicuri che decentrando i giovani e gli ‘incubatori di band’ si promuove la musica e si rende la città più vivibile perché depurata di questo disturbo sonoro? Procedere a suon di restrizioni e multe e spostando sempre più fuori la musica significa ignorare gli esordi e il percorso delle band che, come i Bastard, iniziano la loro carriera in locali sparpagliati tra le valli del Trentino. Il punto dunque è proprio questo: non sono i ‘posti per i giovani’ a mancare, né l’intervento della politica, anzi forse è vero il contrario (v. articolo L’Adige 4 aprile 2009, p. 26). I luoghi per la musica ci sono se non fosse che proprio quella politica che ora tributa ai Bastard grandi meriti, sta ostacolando i locali in cui queste band potrebbero suonare e altrettanti giovani potrebbero incontrarsi (v. lettera al Trentino, 5 aprile e post) .
Certo ciò che è musica per alcuni è rumore per altri. Questo pone un problema di convivenza urbana che non andrebbe eluso spostandolo letteralmente fuori dal centro, ma richiede un confronto tra musicisti, gestori di locali e abitanti. Forse più che i giovani musicisti ad aver bisogno di questi locali, è la città stessa che ha bisogno di loro per non ritrovarsi sempre più vuota e attanagliata dalla paura di uscire perché non c’è nessuno in giro.

domenica 5 aprile 2009

Sardagna, abbiamo delle crepes nel cuore

In questa giornata un po' bigia, che ti mette addosso voglie di poltrire, c'è qualcuno che viene fin sotto casa tua, lassù in Sardagna, e ti chiede, con la semplicità di un sorriso, di fermarti a parlare, di ascoltare la musica, di bere un bicchiere.
Vinte le prime diffidenze, i sardi di sardagna sono venuti e hanno passato delle belle ore. Niente promesse, niente piani, niente varianti, niente progetti, abbiamo dato solo la nostra affabilità, il nostro ascolto, la nostra sapienza della convivenza.
E l'anima di Sardagna, un po', è venuta fuori.
Sardagna è un posto strano. Sembra quasi nascondersi dalla città. In questo paesello c'è chi sta bene per i fatti suoi, esercita la sua arte solitaria e ogni tanto getta uno sguardo sdegnoso al formicolante capoluogo; altri invece sono capitati qui per necessità, perchè comprare casa a Trento è da pazzi, ma non si ritrovano più di tanto.
La vita di molti sardi di Sardagna è appesa al filo della funivia. Un cabina cigolante fa la spola tra la città e l'ex hotel panorama, dove una volta c'era l'orso e dove qualcuno va per vedere il panorama e dove i ragazzetti si infrattano a limonare.
Grazie a tutti, alla siora de 96 anni che ci ha illuminato con la sua vitalità, agli alpini, sempre loro, che ci hanno elettrificato, ai bambini e alle loro barchette di carta, fradice nella fontana.
Noi si prosegue il tour, martedì Cadine. Venite.

Vason e Sopramonte, il Bondone

Vason avamposto montano, qualcuno direbbe che è un non luogo, un accozzaglia di cubature buttate sulle pendici del Bondone un po’ a caso, come si usava fare una volta (ma forse anche oggi) quando la montagna era la frontiera da conquistare, sotto la spinta del benessere di massa, del boom, del diritto alle ferie.
Al Bondonero, che ci ha gentilmente ospitati, piccolo show di grazia ed eleganza, musica per orecchie fini, discorsi e chiacchiere da bar. Si conclude che le piste non sono l'unica soluzione, c'è anche l'LSD...

Sopramonte, piccolo ex comune orgoglioso, che venne annesso a Trento quando c’era fame di lavoro. Scopriamo del misterioso paese di Oveno, sommerso dalle frane che scossero i Bondone nel medioevo (“fu un vulcano”, azzarda qualcuno), ci indicano la casa di Mussolini, dove il pre-duce risiedeva negli anni socialisti, e poi la piazza, una volta ricoperta di ciotoli, e oggi coperta di sterile asfalto. “A soramont se vive ben”, è un paese tranquillo, appena accarezzato dagli aliti gardesani, ben esposto ad ovest, acquattato come un gatto ai piedi del Bondone, che tanta luce toglie a noi, zitadini.
I candidati soulmoderni occupano regolarmente la piazza alle 16 circa, e comincia la laboriosa preparazione del minestrone, ricetta infallibile del maestro dei minestroni, l’Amedeo.
Organizzazione sopraffina, il minestrone è pronto nel momento in cui la gente esce dalla chiesa, dopo la messa. Qualche sguardo un po’ perplesso, quando dalla consolle il candidato sindaco attacca con James Brown (Sex Machine dopo messa di quaresima, che delizioso accostamento…) qualcuno timidamente si avvicina, ci chiedono chi siamo, cominciamo a parlare. Una vecchina, dall’apparente età di cento e rotti anni, si intrattiene a parlare con un candidato facciadangelo e il figlio, che l’aspetta in macchina, suona il clacson dimostrando insofferenza.
Nessuno mangia, alla messa ci si va sazi.
La gente poi sciama verso le proprie abitazioni. Restiamo solo noi, a provare coreografie nella fontana di marmo (vuota). La prima giornata del tour è finita, si carica il camper microfonato e si va via. A Sopramonte non passeremo alla storia.