In Clarina arriviamo tardi, saranno le sei, ce lo fanno notare subito: ‘Che peccato, averlo saputo prima potevano venire anche le altre mamme con i bambini. Qui non ci fanno mai niente e i bambini vanno matti per i giocolieri. Ma adesso molte mamme sono già andate.’ In compenso c’è Marco, un bimbetto biondo di dieci anni che ci rassicura ‘vado io a spargere la voce in giro. Davvero fate anche i graffiti?’ ‘Sì, Matteo verrà a finire la Soul Mobile. Vi piace la musica? Che musica ascoltate? I Bastard?’, un amico di Marco: ‘No, io ascolto l’Hard Core.’ ‘E che cartoni animate guardate? Goku?’, un altro della Gang ‘No, i Simpson, o South Park’ ma il top del tempo mi sembra di capire è per la play station e derivati.
I Mercanti di Luce scherzano con il fuoco questa sera al parco della Clarina. A seguire proiezioni Industriali di Alvise e selezioni musicali di Lilian.
Allestiamo palco, bar e proiettore, per l’elettricità ricorriamo al generatore. Alle otto siamo pronti, si tratta solo di aspettare il buio.
Con il buio arrivano anche mamme, papà, bambini. Una ventina di bimbi seduti, tutti gli altri dietro. L’Appendino, questo il nome dello spettacolo, è magico, i giochi con il fuoco creano un’energia silenziosa, immobile, forte. A fine spettacolo qualche bimbo va a casa altri si fermano a giocare a frisbee. Alle dieci e mezza sono ancora lì, aspettano Matteo per il graffito, li avvertiamo che questa sera non può venere. Marco mi dice che a lui il buio non fa paura, ‘come si chiama quando il la luna si mette davanti al sole e di giorno viene buio?’ ‘Eclisse.’ ‘Quella sì che mi fa paura.’
Rimaniamo in pochi per le selezioni musicali e le proiezioni industriali ma l’ambiente è quello giusto per la musica di ricerca. L’ultima volta che avevo sentito Ciccio Marchi in arte Liliam selezionare musica era stato quattro anni fa a Malga Spora, festa della Modernità sulla Neve. Non eravamo in città ma a duemila metri, sopra due metri di neve.
Anche quello fu un viaggio tra i pregiudizi, anche allora eravamo in pochi a fare musica e festa. Anche allora il freddo, il fuoco, la luna.
Torniamo a casa, domani promette bene: Melta di Gardolo.
sabato 25 aprile 2009
venerdì 24 aprile 2009
Summertime Night in San Martino
Per la serata in San Martino, Parco della Predara, la Band è attiva da un pezzo. Daniele, Giovanna e Monica si sono sbattuti parecchio, tutto è pronto, gira anche il volantino.
Appuntamento alle due al parco. Arrivo alle quattro, il parco è incantevole e non lo avevo mai visto o almeno non mi era mai capitato di perlustrarlo. Raccogliamo siringhe, tante, perlopiù concentrate ma è bene prestare la massima attenzione. Finito il controllo è tutto praticamente pronto, non servono effetti speciali, per fare un grande evento alle volte basta restituire alla socialità un luogo ad essa dedicato.
Questa sera performance live: abbiamo le mani in pasta, Daniele sa come si fa, ha la ricetta, ti insegna a fare il pane. Monica ha preparato la Cioccosoul Moderno da spalmare e le spillette, Mara le Soul Essences; siamo in delirio di onnipotenza.
Partiamo con il furgone, la prima missione è recuperare due altoparlanti: la campagna la finiamo con due furgoni che parlano tra di loro.
Troppo bello per essere vero. Al buon Dio evidentemente non facciamo simpatia e anche questa volta si mette male, corriamo alla base. Pioverà al 90% bisogna spostarsi. Ci soccorre Antonio che conosce Laura che ha un posto in San Martino che viene prestato alle associazioni per fare feste. E’ già stato utilizzato in occasioni fortunate, usiamolo anche noi.
Ancora una volta quando la paura ci prende e sembra scontato il fallimento diamo il meglio di noi stessi. Parto in furgone con Alessia, improvviso di brutto con voce soul e me la godo da matti, c’è anche il cameraman: ‘Progetto Trento Soul Moderno, il tour è in San Martino, sotto al parco della Predara. Piove, ma si è aperta una porta, la porta del Soul, vinci la paura ed entra nella nostra anima, ti scalderemo. Summertime in San Martino. Questa sera abbiamo le mani in pasta. Assaggia il nostro pane con la Cioccosoul e la marmellata all’albi-Cocca. E il Cous Cous di Pasquale per tutti.’
Arriviamo e la festa è già iniziata, tante persone, bella vibrazione. La musica è un concetto molto ampio, viene fatta sul palco ma anche al banco del pane, delle essenze, passa per i bambini che corrono in giro e per quelli che mangiano il cous cous. Suonano i Lolobà, percussioni, e gli Amaranta, tributo a Paolo Conte; la serata è multietnica, mi arriva il santino di Mamadou Seck del Pd. Il messaggio di Daniele è questo: se la prima volta non ti viene bene, riprova. All’uscita distribuiamo la ricetta.
A fine serata siamo tutti contenti e ringraziamo tutti. Poi ci trasferiamo al Wallenda, la notte è ancora giovane, parliamo di politica e capisco perché facciamo le feste.
Se fossimo stati al parco sarebbe stata un’altra cosa ma in fondo è giusto così. Lo scorso anno in San Martino è nato un comitato, su invito di alcuni residenti la gente si è ritrovata in una sala a parlare dei propri problemi. Cosa abbiano fatto o si siano detti sinceramente non lo so, credo che il principale problema fosse legato alla sicurezza. So però cosa hanno intenzione di fare: una festa al parco della Predara, questa è politica. E’ da un po’ che la organizzano, la burocrazia non aiuta e i tempi si allungano; noi abbiamo chiesto il permesso e i pareri sono stati favorevoli, ma effettivamente non era bello arrivare e soffiargli l’anteprima.
Difficile fare cultura con sta storia delle elezioni.
Domani Clarina.
Appuntamento alle due al parco. Arrivo alle quattro, il parco è incantevole e non lo avevo mai visto o almeno non mi era mai capitato di perlustrarlo. Raccogliamo siringhe, tante, perlopiù concentrate ma è bene prestare la massima attenzione. Finito il controllo è tutto praticamente pronto, non servono effetti speciali, per fare un grande evento alle volte basta restituire alla socialità un luogo ad essa dedicato.
Questa sera performance live: abbiamo le mani in pasta, Daniele sa come si fa, ha la ricetta, ti insegna a fare il pane. Monica ha preparato la Cioccosoul Moderno da spalmare e le spillette, Mara le Soul Essences; siamo in delirio di onnipotenza.
Partiamo con il furgone, la prima missione è recuperare due altoparlanti: la campagna la finiamo con due furgoni che parlano tra di loro.
Troppo bello per essere vero. Al buon Dio evidentemente non facciamo simpatia e anche questa volta si mette male, corriamo alla base. Pioverà al 90% bisogna spostarsi. Ci soccorre Antonio che conosce Laura che ha un posto in San Martino che viene prestato alle associazioni per fare feste. E’ già stato utilizzato in occasioni fortunate, usiamolo anche noi.
Ancora una volta quando la paura ci prende e sembra scontato il fallimento diamo il meglio di noi stessi. Parto in furgone con Alessia, improvviso di brutto con voce soul e me la godo da matti, c’è anche il cameraman: ‘Progetto Trento Soul Moderno, il tour è in San Martino, sotto al parco della Predara. Piove, ma si è aperta una porta, la porta del Soul, vinci la paura ed entra nella nostra anima, ti scalderemo. Summertime in San Martino. Questa sera abbiamo le mani in pasta. Assaggia il nostro pane con la Cioccosoul e la marmellata all’albi-Cocca. E il Cous Cous di Pasquale per tutti.’
Arriviamo e la festa è già iniziata, tante persone, bella vibrazione. La musica è un concetto molto ampio, viene fatta sul palco ma anche al banco del pane, delle essenze, passa per i bambini che corrono in giro e per quelli che mangiano il cous cous. Suonano i Lolobà, percussioni, e gli Amaranta, tributo a Paolo Conte; la serata è multietnica, mi arriva il santino di Mamadou Seck del Pd. Il messaggio di Daniele è questo: se la prima volta non ti viene bene, riprova. All’uscita distribuiamo la ricetta.
A fine serata siamo tutti contenti e ringraziamo tutti. Poi ci trasferiamo al Wallenda, la notte è ancora giovane, parliamo di politica e capisco perché facciamo le feste.
Se fossimo stati al parco sarebbe stata un’altra cosa ma in fondo è giusto così. Lo scorso anno in San Martino è nato un comitato, su invito di alcuni residenti la gente si è ritrovata in una sala a parlare dei propri problemi. Cosa abbiano fatto o si siano detti sinceramente non lo so, credo che il principale problema fosse legato alla sicurezza. So però cosa hanno intenzione di fare: una festa al parco della Predara, questa è politica. E’ da un po’ che la organizzano, la burocrazia non aiuta e i tempi si allungano; noi abbiamo chiesto il permesso e i pareri sono stati favorevoli, ma effettivamente non era bello arrivare e soffiargli l’anteprima.
Difficile fare cultura con sta storia delle elezioni.
Domani Clarina.
giovedì 23 aprile 2009
La piazza di Roncafort
Roncafort è il quartiere di Luisa. Luisa ama Roncafort, spiritualmente e politicamente. A Roncafort per Luisa manca la piazza: ‘dove c’era la piazza adesso c’è una rotonda bisogna ridare una piazza a Roncafort, bisogna fare una festa nella rotonda’; per mesi questo è stato il mantra di Luisa alla Band.
E’ arrivato il giorno di Roncafort e quando arriviamo capiamo. Il punto centrale di Roncafort è un incrocio. Il primo problema è parcheggiare, per un pezzo giriamo attorno alla rotonda, è anche molto coreografico. Lo spazio adibito a propaganda elettorale dice molto del quartiere: dimenticato. E’ evidente che dal comune qui non ci sono venuti, il posto dove dovremmo metterci è recintato da un pezzo. Ci arrangiamo, e a fianco al bar Lupo troviamo un accesso a delle abitazioni in cui riusciamo a stare, prima della stanga c’è uno spiazzo abbastanza grande. Quello sarà la nostra piazza: piazza Luisa. Per l’occasione Luisa ha anche realizzato dei cartoni a mo di edificio per indicare: farmacia, centro di aggregazione, dopolavoro, campo da calcio, alimentari; noi ci mettiamo l’impianto audio, il bar, il furgone che questa sera verrà graffittato da Yudo e la piazza è pronta.
Dal bar ci guardano curiosi, non c’è ostilità. La luce ce la dà una ragazza che conosce Luisa, abita oltre la stanga, suona in un gruppo punk, tutte ragazze, prendiamo contatti per le prossime tappe.
Il furgone è da sistemare per questa sera, è da tirare a lucido, non andrà in giro, peccato.
Mentre prepariamo passano diverse persone: Guido che sul quartiere ne ha da vendere e anche da regalare, dice che è qui da poco e che se ne andrà presto, un ragazzino con la chitarra a cui chiediamo di tornare più tardi con la chitarra per unirsi alla Band, e un fan dei Bastard che avrà quarant’anni e prima era al bar. ‘Lunedì arrivano i Bastard. Ci vai te?’ ‘Di più, siamo in piazza Erbe con la Band.’ ‘I Bastard sono i migliori. Guarda che gli arrangiamenti ai pezzi li fanno loro, l’ha detto anche Gaudi.’ ‘Sono forti.’ ‘Prevedono trentamila persone. Non sanno come fare.’ ‘Bella storia.’ ‘Cambieranno le cose sai?’ ‘In che senso?’ ‘I Bastard stanno muovendo. Vendono 25 magliette al giorno, sono i più scaricati su Itune.’ ‘Noi abbiamo una maglietta che mette anche Jacopo, 10 euro, sono le ultime.’ ‘Lo dice anche Simona che sono i migliori.’ ‘Simona non capisce niente.’ ‘Però Mara sì, lo dice anche lei, e anche Morgan. Morgan è forte.’ ‘Il problema è che dopo lunedì in piazza a fare festa non ci vai più.’ ‘Sai qual è il segreto dei Bastard? E’ che sono veri, non sono costruiti.’ ‘Sanno anche suonare per quello.’ ‘Ma te sei della Lega?’ ‘No, io sono del Soul, ci vediamo dopo.’
La serata inizia, per l’occasione al bar ci sono omelette alla banana, specialità di Luisa, ha cucinato e volantinato tutto il giorno. A grande richiesta tornano Milo Brugnara e la sua Band.
Arriva un gruppo di sei persone, parto all’attacco. Spiego, mi guardano e sorridono. Poi il più anziano, cinquant’anni, mi dice: ‘noi sappiamo chi siete voi, voi non sapete chi siamo noi.’ ‘Chi siete voi?’ ‘Noi siamo un gruppo che candida in circoscrizione per l’Upt.’ ‘Ah.’ Poi mi dice: ‘ti rendi conto, non è bellissimo, due liste che casualmente si ritrovano qui e parlano assieme della loro città.’ Chiede ai suoi se non sia possibile anche per loro, magari al parco e non sulla strada, organizzare una cosa simile. Sono in imbarazzo, non capisco se il tipo c’è o ci fa e mentre ci penso su Paolo, così si chiama, prende il microfono: ‘Gente di Roncafort scendete! Svegliatevi! Dove siete! Venite giù! Qui sta succedendo una cosa fantastica due liste si stanno incontrando! Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Venite.’ Non so se ciò che sento è utopia o trash. Mi avvicino a un signore che mi rassicura. ‘Scusi, lei è di qui?’ ‘Abito qui dietro.’ ‘E come si sta qui?’ ‘Fin che ghè l’Paolo…. Di giorno ci torni a casa, poi il fine settimana se vuoi trovare qualcosa vai a Verona.’
Siamo comunque su una strada, e siamo pochissimi, divisi tra chi ascolta la musica, chi segue i graffiti e chi sta al bar. La band suona ma c’è poca attenzione. Rizzo chiede a Milo un’altra pausa: il ragazzino incontrato nel pomeriggio è arrivato con la chitarra e ci suona tre pezzi, figo; poi è il turno di Pietro, genio dell’elettronica matto come un cavallo, che suona blues assieme al bassista, figo; c’è anche un ragazzo che fa rap, tunisino, ventisei anni due figli che vorrebbe unirsi alla band e suonare in piazza Italia, figo; poi qualcuno, pur senza scendere o farsi vedere applaude dalle finestre, figo; e qualcun altro infine sempre senza farsi vedere ci lancia oggetti, un accendino e delle biro, figo anche questo.
Roncafort: serata strana, sporca, sulla strada, una piazza immaginaria, situazioni diverse che si incontrano alla David Linch.
Prima di finire vorrei dire una cosa: noi non siamo una lista che vuole bene alla città. Quale bene? Se volessimo bene alla città non faremmo questa cosa in questo modo. Noi, da un po’ di tempo questa città la detestiamo, perché soffoca. Abbiamo semplicemente trovato un modo per tirare il fiato, svuotarci i polmoni e anche i coglioni. Possiamo dire che nei polmoni e nei coglioni ci stanno cose belle, l’hanno capito anche all’Upt, ma questa bellezza normalmente non è consentita. Possiamo dire di volere comunque mettere in discussione i nostri pregiudizi sulla città e quindi di volerci confrontare sull’anima, ma piazza dopo piazza il pregiudizio su Trento viene confermato.
Domani San Martino.
E’ arrivato il giorno di Roncafort e quando arriviamo capiamo. Il punto centrale di Roncafort è un incrocio. Il primo problema è parcheggiare, per un pezzo giriamo attorno alla rotonda, è anche molto coreografico. Lo spazio adibito a propaganda elettorale dice molto del quartiere: dimenticato. E’ evidente che dal comune qui non ci sono venuti, il posto dove dovremmo metterci è recintato da un pezzo. Ci arrangiamo, e a fianco al bar Lupo troviamo un accesso a delle abitazioni in cui riusciamo a stare, prima della stanga c’è uno spiazzo abbastanza grande. Quello sarà la nostra piazza: piazza Luisa. Per l’occasione Luisa ha anche realizzato dei cartoni a mo di edificio per indicare: farmacia, centro di aggregazione, dopolavoro, campo da calcio, alimentari; noi ci mettiamo l’impianto audio, il bar, il furgone che questa sera verrà graffittato da Yudo e la piazza è pronta.
Dal bar ci guardano curiosi, non c’è ostilità. La luce ce la dà una ragazza che conosce Luisa, abita oltre la stanga, suona in un gruppo punk, tutte ragazze, prendiamo contatti per le prossime tappe.
Il furgone è da sistemare per questa sera, è da tirare a lucido, non andrà in giro, peccato.
Mentre prepariamo passano diverse persone: Guido che sul quartiere ne ha da vendere e anche da regalare, dice che è qui da poco e che se ne andrà presto, un ragazzino con la chitarra a cui chiediamo di tornare più tardi con la chitarra per unirsi alla Band, e un fan dei Bastard che avrà quarant’anni e prima era al bar. ‘Lunedì arrivano i Bastard. Ci vai te?’ ‘Di più, siamo in piazza Erbe con la Band.’ ‘I Bastard sono i migliori. Guarda che gli arrangiamenti ai pezzi li fanno loro, l’ha detto anche Gaudi.’ ‘Sono forti.’ ‘Prevedono trentamila persone. Non sanno come fare.’ ‘Bella storia.’ ‘Cambieranno le cose sai?’ ‘In che senso?’ ‘I Bastard stanno muovendo. Vendono 25 magliette al giorno, sono i più scaricati su Itune.’ ‘Noi abbiamo una maglietta che mette anche Jacopo, 10 euro, sono le ultime.’ ‘Lo dice anche Simona che sono i migliori.’ ‘Simona non capisce niente.’ ‘Però Mara sì, lo dice anche lei, e anche Morgan. Morgan è forte.’ ‘Il problema è che dopo lunedì in piazza a fare festa non ci vai più.’ ‘Sai qual è il segreto dei Bastard? E’ che sono veri, non sono costruiti.’ ‘Sanno anche suonare per quello.’ ‘Ma te sei della Lega?’ ‘No, io sono del Soul, ci vediamo dopo.’
La serata inizia, per l’occasione al bar ci sono omelette alla banana, specialità di Luisa, ha cucinato e volantinato tutto il giorno. A grande richiesta tornano Milo Brugnara e la sua Band.
Arriva un gruppo di sei persone, parto all’attacco. Spiego, mi guardano e sorridono. Poi il più anziano, cinquant’anni, mi dice: ‘noi sappiamo chi siete voi, voi non sapete chi siamo noi.’ ‘Chi siete voi?’ ‘Noi siamo un gruppo che candida in circoscrizione per l’Upt.’ ‘Ah.’ Poi mi dice: ‘ti rendi conto, non è bellissimo, due liste che casualmente si ritrovano qui e parlano assieme della loro città.’ Chiede ai suoi se non sia possibile anche per loro, magari al parco e non sulla strada, organizzare una cosa simile. Sono in imbarazzo, non capisco se il tipo c’è o ci fa e mentre ci penso su Paolo, così si chiama, prende il microfono: ‘Gente di Roncafort scendete! Svegliatevi! Dove siete! Venite giù! Qui sta succedendo una cosa fantastica due liste si stanno incontrando! Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Due liste fatte di persone che vogliono bene alla città. Venite.’ Non so se ciò che sento è utopia o trash. Mi avvicino a un signore che mi rassicura. ‘Scusi, lei è di qui?’ ‘Abito qui dietro.’ ‘E come si sta qui?’ ‘Fin che ghè l’Paolo…. Di giorno ci torni a casa, poi il fine settimana se vuoi trovare qualcosa vai a Verona.’
Siamo comunque su una strada, e siamo pochissimi, divisi tra chi ascolta la musica, chi segue i graffiti e chi sta al bar. La band suona ma c’è poca attenzione. Rizzo chiede a Milo un’altra pausa: il ragazzino incontrato nel pomeriggio è arrivato con la chitarra e ci suona tre pezzi, figo; poi è il turno di Pietro, genio dell’elettronica matto come un cavallo, che suona blues assieme al bassista, figo; c’è anche un ragazzo che fa rap, tunisino, ventisei anni due figli che vorrebbe unirsi alla band e suonare in piazza Italia, figo; poi qualcuno, pur senza scendere o farsi vedere applaude dalle finestre, figo; e qualcun altro infine sempre senza farsi vedere ci lancia oggetti, un accendino e delle biro, figo anche questo.
Roncafort: serata strana, sporca, sulla strada, una piazza immaginaria, situazioni diverse che si incontrano alla David Linch.
Prima di finire vorrei dire una cosa: noi non siamo una lista che vuole bene alla città. Quale bene? Se volessimo bene alla città non faremmo questa cosa in questo modo. Noi, da un po’ di tempo questa città la detestiamo, perché soffoca. Abbiamo semplicemente trovato un modo per tirare il fiato, svuotarci i polmoni e anche i coglioni. Possiamo dire che nei polmoni e nei coglioni ci stanno cose belle, l’hanno capito anche all’Upt, ma questa bellezza normalmente non è consentita. Possiamo dire di volere comunque mettere in discussione i nostri pregiudizi sulla città e quindi di volerci confrontare sull’anima, ma piazza dopo piazza il pregiudizio su Trento viene confermato.
Domani San Martino.
mercoledì 22 aprile 2009
Mattarello
A Mattarello abita Roberta che ha preparato il terreno e sale sul furgone a invitare, uno per uno, i suoi concittadini: ‘Ciao Sandro unisciti alla Band questa sera in piazza a Mattarello dalle ore 21.’
Siamo in piazza e per l’occasione avremo un special guest: Lorenzo Dellai. La lista circoscrizionale dell’Upt organizza una serata con Dellai nella sala della circoscrizione, esattamente dietro a dove metteremo la batteria, chissà come andrà a finire?
Noi iniziamo ad allestire, rispettosi ma al tempo stesso determinati. La piazza è per noi: è raccolta, c’è la fontana per il bar, lo spazio per il furgone, il palco e il proiettore (enorme). Questa sera: tributo ai Red Hot Chili Peppers con i Funk Monks, proiezioni sulla città commerciale del Foto Club di Mattarello e LSD per tutti a tre euro, sono arrivati i nuovi modelli, quelli fatti fare con la scritta.
Più di una persona si ferma mentre allestiamo. Tra queste c’è un cantante di una sessantina d’anni, repertorio anni ’60, fino a dieci anni fa suonava con un duo, spesso anche in un locale fuori da Mattarello di cui non ricordo il nome, grandi feste. Poi proibite dal comune. I gestori dei locali devono offrire cultura alle persone se no queste non vanno e infatti il locale ha chiuso. Non suona più, neanche alla festa del paese, lì suona il macellaio con il suo gruppo. Il paese è un mortorio, ‘questa sera verrò e porterò gente’.
Passa una ragazza ‘anarchica’ sui trent’anni: ‘ma dai? Non sapevo che si potessero fare queste cose.’ ‘i ragazzini hanno rovinato il movimento anarchico. Anarchia non è rompere le vetrine o spaccare tutto, anarchia è fare quello che vuoi, essere libero. Se riesco ci vediamo dopo.’
La preoccupazione si vede solo in chi abita sopra di noi e in qualcuno con il cellulare in mano che continua a ronzarci attorno.
A sera il clima è disteso, la sensazione che ho è che facciamo comodo: siamo un argomento su cui discutere, altrimenti affiorerebbero le rivalità di partito, e se si sentirà musica dentro la sala la serata sarà più animata.
Non dimenticherò l’arrivo di Dellai in questa piazza della città di Trento. Arriva a piedi, soprabito chiaro, occhi piccoli, bianco in viso. Subito almeno dieci persone poi sempre di più si fanno attorno gettandogli ai piedi rami di ulivo: ‘Maestro. Maestro. Maestro ci dica una parola per capire quello che succede?’ ‘Figlioli, la musica è un messaggio universale.’ ‘Grazie, grazie Maestro. Bravi ragazzi. Musica! Musica! LSD! LSD!’ E tutto il gregge sparisce nella sala dietro al buon pastore. Nessuno ci ronza più attorno, restiamo noi e le scimmie funky.
Arriva anche il nostro pubblico, numeroso. I ragazzi sanno suonare e piacciono anche se è il loro primo concerto. Alle undici finiamo noi e anche l’Upt. Qualcuno ci ringrazia per avere animato la serata, lo immaginavamo. Alle undici e un quarto appare Dioniso: i Funky Monks ricominciano a suonare, fanno i bis e anche i tris. Perché? Perché si può e di solito non si può niente.
Suck my kiss per tutti anche per quello lì che ha ricominciato a telefonare ronzandoci attorno.
Prossima tappa Roncafort.
Siamo in piazza e per l’occasione avremo un special guest: Lorenzo Dellai. La lista circoscrizionale dell’Upt organizza una serata con Dellai nella sala della circoscrizione, esattamente dietro a dove metteremo la batteria, chissà come andrà a finire?
Noi iniziamo ad allestire, rispettosi ma al tempo stesso determinati. La piazza è per noi: è raccolta, c’è la fontana per il bar, lo spazio per il furgone, il palco e il proiettore (enorme). Questa sera: tributo ai Red Hot Chili Peppers con i Funk Monks, proiezioni sulla città commerciale del Foto Club di Mattarello e LSD per tutti a tre euro, sono arrivati i nuovi modelli, quelli fatti fare con la scritta.
Più di una persona si ferma mentre allestiamo. Tra queste c’è un cantante di una sessantina d’anni, repertorio anni ’60, fino a dieci anni fa suonava con un duo, spesso anche in un locale fuori da Mattarello di cui non ricordo il nome, grandi feste. Poi proibite dal comune. I gestori dei locali devono offrire cultura alle persone se no queste non vanno e infatti il locale ha chiuso. Non suona più, neanche alla festa del paese, lì suona il macellaio con il suo gruppo. Il paese è un mortorio, ‘questa sera verrò e porterò gente’.
Passa una ragazza ‘anarchica’ sui trent’anni: ‘ma dai? Non sapevo che si potessero fare queste cose.’ ‘i ragazzini hanno rovinato il movimento anarchico. Anarchia non è rompere le vetrine o spaccare tutto, anarchia è fare quello che vuoi, essere libero. Se riesco ci vediamo dopo.’
La preoccupazione si vede solo in chi abita sopra di noi e in qualcuno con il cellulare in mano che continua a ronzarci attorno.
A sera il clima è disteso, la sensazione che ho è che facciamo comodo: siamo un argomento su cui discutere, altrimenti affiorerebbero le rivalità di partito, e se si sentirà musica dentro la sala la serata sarà più animata.
Non dimenticherò l’arrivo di Dellai in questa piazza della città di Trento. Arriva a piedi, soprabito chiaro, occhi piccoli, bianco in viso. Subito almeno dieci persone poi sempre di più si fanno attorno gettandogli ai piedi rami di ulivo: ‘Maestro. Maestro. Maestro ci dica una parola per capire quello che succede?’ ‘Figlioli, la musica è un messaggio universale.’ ‘Grazie, grazie Maestro. Bravi ragazzi. Musica! Musica! LSD! LSD!’ E tutto il gregge sparisce nella sala dietro al buon pastore. Nessuno ci ronza più attorno, restiamo noi e le scimmie funky.
Arriva anche il nostro pubblico, numeroso. I ragazzi sanno suonare e piacciono anche se è il loro primo concerto. Alle undici finiamo noi e anche l’Upt. Qualcuno ci ringrazia per avere animato la serata, lo immaginavamo. Alle undici e un quarto appare Dioniso: i Funky Monks ricominciano a suonare, fanno i bis e anche i tris. Perché? Perché si può e di solito non si può niente.
Suck my kiss per tutti anche per quello lì che ha ricominciato a telefonare ronzandoci attorno.
Prossima tappa Roncafort.
martedì 21 aprile 2009
Miracolo a Meano
Il tour fa tappa a Vigo Meano, Meano, Gazzadina. Anche questi sono paesi lontani dalla città eppure Rizzo dice che qui c’è anima, e la musica trova spazio ed attenzione.
Se non ho capito male questi sono paesi Rock con tanto di gruppi e feste, addirittura Bazzotto mi parla di un leggendario concerto di qualche decina di anni fa, deve avere suonato un gruppo leggendario tipo i Ramones. Indagherò.
Noi arriviamo a Vigo Meano alle cinque, pioviggina, non abbiamo la corrente ed è anche freddo. In piazza, salvo improbabili allestimenti, sembra possibile mettere il gruppo solo sotto la pensilina dell’autobus. Riunione al bar.
Andrea e Luisa ancora carichi da ieri sono lanciati per suonare in paese, io e Ale preferiremmo chiedere al bar di ospitarci, anche questo farebbe Blues Brother’s. Guai a scegliere la strada più semplice. Giriamo il paese, ci dicono di chiedere un volt della parrocchia, il parroco è un tipo rock, troviamo il sacrestano, poco rock, niente volt. Chiediamo ancora, niente. Mettersi sotto la pensilina significa dover tirare 50 metri di cavo per avere la corrente, bisogna oltrepassare un cantiere in costruzione e arrivare dal papà di un’amica di Rizzo. Abbandono il campo per andare a cena, consiglio alla band: chiedete al bar.
Torno dopo cena e ancora una volta mi stupisco. Il gruppo suona sotto la pensilina, in più è stato fatto un allestimento per cui anche il bar e gli LSD sono al coperto, la corrente c’è anche se non si sa da dove arriva, le luci scaldano la situazione e ci saranno venti persone, il tutto fa tanto presepe.
Milo Brugnara e la sua Band cantano per Trento Soul Moderno. Milo Brugnara è un ragazzo alto, gentile, che tra un pezzo e l’altro parla e sorride. Milo Brugnara è rosso. Rosso il cuore rossi i capelli. Canta di partecipazione, lotta, immigrazione, Palestina. Non mi ritrovo del tutto ma il suo pensiero è musica. Le sue canzoni si possono scaricare, basta digitare su Google Milo Brugnara.
Mi presentano una ragazza a cui chiedo di Vigo Meano e dintorni, ha scritto una tesi di laurea su alcolismo e droga tra i giovani del paese: lo spino che gira per la piazza è nulla in confronto a ciò che gira nelle case.
Presento al microfono il progetto: ‘mentre chiediamo elezioni più lunghe per tutti cerchiamo l’anima della città’. Conosco Andrea, un ragazzo di Feltre arrivato qui per caso, avrà ormai più di quanrant’anni. Parliamo del progetto, mi dice che è tre volte che in una sera sente dire la parola anima. Dice che l’Anima è tutto, se tutti prima di addormentarsi, appena chiusi gli occhi, ascoltassero l’anima le cose sarebbero diverse. Dice di essere abituato politicamente a trovarsi in mezzo a cose dure e forti, cose che non ci sono più: gli anni settanta e ottanta dei centri sociali, le pere e gli scontri. Io cito James Brown: ‘Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Loro ci odiano, loro ci maltrattano, sbattono la nostra testa contro il muro e tu non ti abbassare, dillo forte: sono nero e orgoglioso; dillo forte: sono nero e orgoglioso. Questo dice James Brown, utopia è la ricerca di qualcosa di talmente bello da generare meraviglia, attrazione e al limite suscitare invidia. La tragedia non mi interessa, non è più forte né più dura dell’utopia, semmai è più semplice; è almeno un mese che sputiamo sangue tutti i giorni.’
Dice di avere scoperto l’anima e la bibbia, non come Giovanni Lindo Ferretti, ma come Erri De Luca. Dice che questa cosa che facciamo politicamente è zero, zero, però la sera, la piazza, la gente, tocca l’anima. Parliamo e politicamente mi sembra già tantissimo.
Poi, neanche li avesse mandati Pasolini, arrivano i carabinieri. Lui ironicamente dietro a Mirko, senza farsi vedere, fa gesti da rivoltoso, io mostro le carte a uno dei due, l’altro gioca con Artù, il cane Corso grosso e nero del Mirko. Alberto è convinto: li hanno chiamati dal bar.
Poi Alberto mi chiede di ringraziare l’autista dell’autobus numero 3 che fa il giro largo. Respect.
Prossima tappa Mattarello.
Se non ho capito male questi sono paesi Rock con tanto di gruppi e feste, addirittura Bazzotto mi parla di un leggendario concerto di qualche decina di anni fa, deve avere suonato un gruppo leggendario tipo i Ramones. Indagherò.
Noi arriviamo a Vigo Meano alle cinque, pioviggina, non abbiamo la corrente ed è anche freddo. In piazza, salvo improbabili allestimenti, sembra possibile mettere il gruppo solo sotto la pensilina dell’autobus. Riunione al bar.
Andrea e Luisa ancora carichi da ieri sono lanciati per suonare in paese, io e Ale preferiremmo chiedere al bar di ospitarci, anche questo farebbe Blues Brother’s. Guai a scegliere la strada più semplice. Giriamo il paese, ci dicono di chiedere un volt della parrocchia, il parroco è un tipo rock, troviamo il sacrestano, poco rock, niente volt. Chiediamo ancora, niente. Mettersi sotto la pensilina significa dover tirare 50 metri di cavo per avere la corrente, bisogna oltrepassare un cantiere in costruzione e arrivare dal papà di un’amica di Rizzo. Abbandono il campo per andare a cena, consiglio alla band: chiedete al bar.
Torno dopo cena e ancora una volta mi stupisco. Il gruppo suona sotto la pensilina, in più è stato fatto un allestimento per cui anche il bar e gli LSD sono al coperto, la corrente c’è anche se non si sa da dove arriva, le luci scaldano la situazione e ci saranno venti persone, il tutto fa tanto presepe.
Milo Brugnara e la sua Band cantano per Trento Soul Moderno. Milo Brugnara è un ragazzo alto, gentile, che tra un pezzo e l’altro parla e sorride. Milo Brugnara è rosso. Rosso il cuore rossi i capelli. Canta di partecipazione, lotta, immigrazione, Palestina. Non mi ritrovo del tutto ma il suo pensiero è musica. Le sue canzoni si possono scaricare, basta digitare su Google Milo Brugnara.
Mi presentano una ragazza a cui chiedo di Vigo Meano e dintorni, ha scritto una tesi di laurea su alcolismo e droga tra i giovani del paese: lo spino che gira per la piazza è nulla in confronto a ciò che gira nelle case.
Presento al microfono il progetto: ‘mentre chiediamo elezioni più lunghe per tutti cerchiamo l’anima della città’. Conosco Andrea, un ragazzo di Feltre arrivato qui per caso, avrà ormai più di quanrant’anni. Parliamo del progetto, mi dice che è tre volte che in una sera sente dire la parola anima. Dice che l’Anima è tutto, se tutti prima di addormentarsi, appena chiusi gli occhi, ascoltassero l’anima le cose sarebbero diverse. Dice di essere abituato politicamente a trovarsi in mezzo a cose dure e forti, cose che non ci sono più: gli anni settanta e ottanta dei centri sociali, le pere e gli scontri. Io cito James Brown: ‘Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te. Loro ci odiano, loro ci maltrattano, sbattono la nostra testa contro il muro e tu non ti abbassare, dillo forte: sono nero e orgoglioso; dillo forte: sono nero e orgoglioso. Questo dice James Brown, utopia è la ricerca di qualcosa di talmente bello da generare meraviglia, attrazione e al limite suscitare invidia. La tragedia non mi interessa, non è più forte né più dura dell’utopia, semmai è più semplice; è almeno un mese che sputiamo sangue tutti i giorni.’
Dice di avere scoperto l’anima e la bibbia, non come Giovanni Lindo Ferretti, ma come Erri De Luca. Dice che questa cosa che facciamo politicamente è zero, zero, però la sera, la piazza, la gente, tocca l’anima. Parliamo e politicamente mi sembra già tantissimo.
Poi, neanche li avesse mandati Pasolini, arrivano i carabinieri. Lui ironicamente dietro a Mirko, senza farsi vedere, fa gesti da rivoltoso, io mostro le carte a uno dei due, l’altro gioca con Artù, il cane Corso grosso e nero del Mirko. Alberto è convinto: li hanno chiamati dal bar.
Poi Alberto mi chiede di ringraziare l’autista dell’autobus numero 3 che fa il giro largo. Respect.
Prossima tappa Mattarello.
lunedì 20 aprile 2009
Madonna bianca due.
Alle quattro ci troviamo sul campo di battaglia. Piazzale Europa. E per chiamare le cose con il loro nome Madonna Bianca viene prontamente ribattezzata Waterloo. Campagna finita. Se il richiamo può sembrare eccessivo, ci limitiamo a dire Water, acqua. Water, cesso. Merda.
Piove governo ladro! E’ andata male.
Pensare che tutto era pronto, avevamo il palco e ce n’era anche uno naturale nella piazzetta, eravamo andati in giro con il furgone piazzandoci sotto le torri, una ad una, aspettando che la gente uscisse, era pronta la cucina e anche il bar.
Tentiamo di cambiare posto: proviamo al Soultrain, al Bruno, alla Stube, al Simposio; niente da fare.
Non ci sono alternative, o annullare tutto o tentare lo stesso cercando un posto al coperto. Il posto lo si intravede di fianco alla banca. L’acustica sembra disastrosa, piuttosto squallido il luogo e umida la situazione. Di fronte a noi suoneranno i Madd, una band da 500 persone al colpo, passano di qui per caso e li sottopaghiamo, se vedono il posto magari non suonano neanche.
Ce la giochiamo.
Quando non c’è più niente da perdere si mollano i freni, la band del Soul Moderno suona al completo: chi spazza, chi recupera pezzi, chi monta l’impianto, chi crea la scenografia, chi il bar e la cucina, chi va col furgone, chi la spiega ai Mad. Ci stanno.
Quando i Madd provano, sono all’incirca le sette, a Madonna Bianca c’è la messa, grande affluenza, veramente notevole.
Alle nove e mezza siamo tutti pronti. Saremo in cinquanta, forse meno. Per la garage band una garage garage location, il posto migliore per girare un video, lo gireremo. I primi a notarlo sono loro, traduco dall’inlese-olandese: ‘Ieri eravamo in un grande posto a Roma, con tantissima gente, ma qui ci piace di più’. Loro iniziano a suonare, noi a ballare e gridare. Fa caldo, l’acustica è perfetta, si sente in Clarina. Pochi da Madonna Bianca. Andrea, guardando dentro le finestre delle case, mi fa notare le luci che cambiano, è lo zapping delle TV. Videodrome fratello, godiamoci questi trenta giorni. Per l’occasione la cucina è autogestita: hai anche tu delle crepes nel cuore? Unisciti alla band. Il bar fa affari d’oro, finiamo in pareggio e anzi avanziamo trenta euro. Finisce il concerto, fanno un altro pezzo e poi, mai successo, ne fanno un altro ancora. A fine serata chi è rimasto finisce il fusto.
Se abbiamo resistito a Waterloo non ci ferma più nessuno.
Piove governo ladro! E’ andata male.
Pensare che tutto era pronto, avevamo il palco e ce n’era anche uno naturale nella piazzetta, eravamo andati in giro con il furgone piazzandoci sotto le torri, una ad una, aspettando che la gente uscisse, era pronta la cucina e anche il bar.
Tentiamo di cambiare posto: proviamo al Soultrain, al Bruno, alla Stube, al Simposio; niente da fare.
Non ci sono alternative, o annullare tutto o tentare lo stesso cercando un posto al coperto. Il posto lo si intravede di fianco alla banca. L’acustica sembra disastrosa, piuttosto squallido il luogo e umida la situazione. Di fronte a noi suoneranno i Madd, una band da 500 persone al colpo, passano di qui per caso e li sottopaghiamo, se vedono il posto magari non suonano neanche.
Ce la giochiamo.
Quando non c’è più niente da perdere si mollano i freni, la band del Soul Moderno suona al completo: chi spazza, chi recupera pezzi, chi monta l’impianto, chi crea la scenografia, chi il bar e la cucina, chi va col furgone, chi la spiega ai Mad. Ci stanno.
Quando i Madd provano, sono all’incirca le sette, a Madonna Bianca c’è la messa, grande affluenza, veramente notevole.
Alle nove e mezza siamo tutti pronti. Saremo in cinquanta, forse meno. Per la garage band una garage garage location, il posto migliore per girare un video, lo gireremo. I primi a notarlo sono loro, traduco dall’inlese-olandese: ‘Ieri eravamo in un grande posto a Roma, con tantissima gente, ma qui ci piace di più’. Loro iniziano a suonare, noi a ballare e gridare. Fa caldo, l’acustica è perfetta, si sente in Clarina. Pochi da Madonna Bianca. Andrea, guardando dentro le finestre delle case, mi fa notare le luci che cambiano, è lo zapping delle TV. Videodrome fratello, godiamoci questi trenta giorni. Per l’occasione la cucina è autogestita: hai anche tu delle crepes nel cuore? Unisciti alla band. Il bar fa affari d’oro, finiamo in pareggio e anzi avanziamo trenta euro. Finisce il concerto, fanno un altro pezzo e poi, mai successo, ne fanno un altro ancora. A fine serata chi è rimasto finisce il fusto.
Se abbiamo resistito a Waterloo non ci ferma più nessuno.
Madonna Bianca.
Per Madonna Bianca il problema è la Bolghera. Domani saremo in Bolghera, di fronte all’ospedale, di fronte all’ospedale non si può fare nulla. Che si fa? C’è qualcuno della band che abita in Bolghera? Ha un giardino? Mette a disposizione la casa? Aprire la propria casa è come aprire la propria anima, sarebbe un gesto molto potente e simbolico. C’è! E molto ben disposto. Dovrebbe suonare un gruppo di Verona al SoulTrain domani, chi sono? Gli Home. E’ fatta, è scritto nel destino. Ci facciamo preparare un permesso per musica di sottofondo e corriamo a fare il sopraluogo.
Il posto non è proprio l’ideale, però, volendo, lavorandoci dietro, cento persone ci possono anche stare. Sarà dura avvertire tutti, non ci sono parcheggi e con il permesso solo per il sottofondo è chiaro che la polizia arriverebbe subito, era da preparare prima, bisogna sentire l’Ale e poi Bicio che organizza il concerto e poi il gruppo.
Passano le ore e il concerto di domani in Bolghera salta, si vede che avevamo letto male.
Ci precipitiamo a Madonna Bianca. E’ troppo tardi, sono ormai le sette ed è improbabile che qualcuno venga se ci mettiamo ad andare in giro con il furgone adesso e per non più di mezz’ora. Poi la piazza è troppo bella e il quartiere troppo significativo per non farci nulla di meglio organizzato.
Le date di oggi e domani verranno rinviate, domani sera ne approfitteremo per fare il punto.
La cosa più forte di tutta la giornata rimane il desiderio espresso da un membro della band di fare la festa in Bolghera. La Bolghera, ‘quartiere di vecchie’, che anche se stanno morendo, non hanno perso il gusto di dir male, di telefonarsi per segnalare le altrui mancanze, tipo hai visto che disordine su quel poggiolo? Che poi devono parlare a voce alta perché non sentono più tanto bene e le senti come fossero in casa. Dice un proverbio trentino: ‘Se no ghe n’è dentro no ne ven fora.’ E allora: ‘Vei! Vei! Vei dentro che la porta l’è d’averta. Vei a darme na man dio can e no sta a romper i coioni.’ ‘Te sei en por laor’. Può ben darsi, anzi sicuramente, ma come sei te non basta, manca qualcosa e puoi anche avere la casa in ordine e i vestiti puliti e stirati ma se non ce l’hai dentro non viene fuori. È una cosa che non si vede ma si sente che manca, e se non la senti bisogna riattivare l’udito. E allora Soul, Soul a tutto volume.
Madonna Bianca e la Bolghera, le recupereremo.
Il posto non è proprio l’ideale, però, volendo, lavorandoci dietro, cento persone ci possono anche stare. Sarà dura avvertire tutti, non ci sono parcheggi e con il permesso solo per il sottofondo è chiaro che la polizia arriverebbe subito, era da preparare prima, bisogna sentire l’Ale e poi Bicio che organizza il concerto e poi il gruppo.
Passano le ore e il concerto di domani in Bolghera salta, si vede che avevamo letto male.
Ci precipitiamo a Madonna Bianca. E’ troppo tardi, sono ormai le sette ed è improbabile che qualcuno venga se ci mettiamo ad andare in giro con il furgone adesso e per non più di mezz’ora. Poi la piazza è troppo bella e il quartiere troppo significativo per non farci nulla di meglio organizzato.
Le date di oggi e domani verranno rinviate, domani sera ne approfitteremo per fare il punto.
La cosa più forte di tutta la giornata rimane il desiderio espresso da un membro della band di fare la festa in Bolghera. La Bolghera, ‘quartiere di vecchie’, che anche se stanno morendo, non hanno perso il gusto di dir male, di telefonarsi per segnalare le altrui mancanze, tipo hai visto che disordine su quel poggiolo? Che poi devono parlare a voce alta perché non sentono più tanto bene e le senti come fossero in casa. Dice un proverbio trentino: ‘Se no ghe n’è dentro no ne ven fora.’ E allora: ‘Vei! Vei! Vei dentro che la porta l’è d’averta. Vei a darme na man dio can e no sta a romper i coioni.’ ‘Te sei en por laor’. Può ben darsi, anzi sicuramente, ma come sei te non basta, manca qualcosa e puoi anche avere la casa in ordine e i vestiti puliti e stirati ma se non ce l’hai dentro non viene fuori. È una cosa che non si vede ma si sente che manca, e se non la senti bisogna riattivare l’udito. E allora Soul, Soul a tutto volume.
Madonna Bianca e la Bolghera, le recupereremo.
domenica 19 aprile 2009
Ravina
Piove anche oggi ma a Ravina siamo al coperto, sotto la tettoia tra la palestra e il circolo anziani. Alberto ha organizzato tutto: ‘chi suona questa sera?’ ‘chi vuole’. Perfetto.
Il pomeriggio si apre con il liscio. Suona Dennis Cecco. Il porticato si Anima. Per la prima volta ci sono più donne che uomini e per la prima volta la cosa non mi entusiasma: non so ballare, non so ballare, non so ballare e va bhè, però mi porti tu. Tra un valzer e una baciata, mentre riprendiamo fiato, con gli altri ballerini della band spieghiamo l’iniziativa. Avete ragione, musica!
Mi stupisco nel vedere donne dallo sguardo basso e cupo iniziare a muovere i piedi fino ad arrivare a ballare da sole, se ci fosse un ballerino la cosa mi sembrerebbe addirittura sensuale. Profanare. Bisogna profanare il muro del suono, questa è la missione.
Nonostante l’imbarazzo iniziale mi diverto a farmi portare in giro passando da una donna all’altra.
Prima di cena vado in furgone con Silvia e Tom, bisogna allertare Madonna Bianca per domani. Domani arriveranno i Mad (chi se non loro?), grande garage band dall’Olanda. Tommaso libera le ali e voliamo tutti quanti. Ci fermiamo sotto ogni torre: ‘domani sera, devi venire, tu, tu e anche tu.’ Aspetta che le persone escano dal palazzo, alza il volume dello stereo, se non esce nessuno suona il clacson, se lo mandano in mona chiede perché e invita a salire, a venire. Capita che uno alla volta dai palazzi escano anche quindici persone, una potenza. Tempo permettendo domani spacchiamo, non può andare male, siamo in missione.
Torniamo alla base. Luciano ha impastato le tigelle, c’è anche il lardo battuto e il parmigiano. Se ci fosse il lambrusco Ravina oggi sembrerebbe territorio modenese.
L’appello di Alberto ha funzionato, ci sono i musicisti e tutti suonano Soul acustico: Mirko Saltori solista; Death by Pleasure e Norticanta. Infine, per chi ha partecipato ad Ecoart2007, si avvera un sogno: il Mirko suona con il Re del Rock.
Soul, Soul, Soul.
L’ LSD continua a fare presa. Passa un giovane e ne compera uno tigrato, poi si dilegua. Passano cinque minuti e arrivano gli amichetti. Quando sento un amico del primo ragazzo chiedergli: ‘posso prenderlo come il tuo?’ mi dico ‘è fatta, funziona’. Se non fumassero sarebbe certamente meglio, diciamo che questa è una politica di agganciamento e riduzione del danno. Giusta o sbagliata che sia sembrano passati mille anni.
Grazie Ravina.
Il pomeriggio si apre con il liscio. Suona Dennis Cecco. Il porticato si Anima. Per la prima volta ci sono più donne che uomini e per la prima volta la cosa non mi entusiasma: non so ballare, non so ballare, non so ballare e va bhè, però mi porti tu. Tra un valzer e una baciata, mentre riprendiamo fiato, con gli altri ballerini della band spieghiamo l’iniziativa. Avete ragione, musica!
Mi stupisco nel vedere donne dallo sguardo basso e cupo iniziare a muovere i piedi fino ad arrivare a ballare da sole, se ci fosse un ballerino la cosa mi sembrerebbe addirittura sensuale. Profanare. Bisogna profanare il muro del suono, questa è la missione.
Nonostante l’imbarazzo iniziale mi diverto a farmi portare in giro passando da una donna all’altra.
Prima di cena vado in furgone con Silvia e Tom, bisogna allertare Madonna Bianca per domani. Domani arriveranno i Mad (chi se non loro?), grande garage band dall’Olanda. Tommaso libera le ali e voliamo tutti quanti. Ci fermiamo sotto ogni torre: ‘domani sera, devi venire, tu, tu e anche tu.’ Aspetta che le persone escano dal palazzo, alza il volume dello stereo, se non esce nessuno suona il clacson, se lo mandano in mona chiede perché e invita a salire, a venire. Capita che uno alla volta dai palazzi escano anche quindici persone, una potenza. Tempo permettendo domani spacchiamo, non può andare male, siamo in missione.
Torniamo alla base. Luciano ha impastato le tigelle, c’è anche il lardo battuto e il parmigiano. Se ci fosse il lambrusco Ravina oggi sembrerebbe territorio modenese.
L’appello di Alberto ha funzionato, ci sono i musicisti e tutti suonano Soul acustico: Mirko Saltori solista; Death by Pleasure e Norticanta. Infine, per chi ha partecipato ad Ecoart2007, si avvera un sogno: il Mirko suona con il Re del Rock.
Soul, Soul, Soul.
L’ LSD continua a fare presa. Passa un giovane e ne compera uno tigrato, poi si dilegua. Passano cinque minuti e arrivano gli amichetti. Quando sento un amico del primo ragazzo chiedergli: ‘posso prenderlo come il tuo?’ mi dico ‘è fatta, funziona’. Se non fumassero sarebbe certamente meglio, diciamo che questa è una politica di agganciamento e riduzione del danno. Giusta o sbagliata che sia sembrano passati mille anni.
Grazie Ravina.
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